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Tutti gli ospiti che giungono al monastero siano accolti come Cristo poiché un giorno il Nostro Signore ci dirà: Ero forestiero e mi avete ospitato. A tutti si renda il dovuto onore RB 53,1

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Cistercense
Dominus Tecum

Lettera di S.Paolo ai Filippesi XXVIII

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 09/05/2009

Filippesi 2, 12

Conclusione dell'Inno II

Il Nome di Gesù significa Salvatore: pronunciarlo, dirlo, cantarlo, sussurrarlo o lasciarlo muovere silenziosamente nel cuore è dunque accogliere ed entrare nella presenza di Colui che ci salva, entrare nel mistero della Salvezza e quindi ricominciare senza paura a vivere.
Perché in noi c’è una tendenza a morire, “ogni giorno muoio” “Per te ogni giorno siano messi a morte”, dice il salmo 43 citato anche dalla Regola di San Benedetto, che però dice anche: “Per Dio ci gloriamo ogni giorno celebrando senza fine il tuo Nome” e Paolo commenta quel versetto con: “ma in questo siamo più che vincitori per virtù di Colui che ci ha amati” (Rm 8,37)
Abbiamo bisogno di Salvezza, ma nella sua immensa bontà e misericordia il Signore non ci salva “da fuori”: si unisce a noi, prende la nostra stessa vita e la conduce attraverso gli inferi verso la gloria e noi ci aggrappiamo al nostro Salvatore pronunciando il suo Nome. E’ così che possiamo “tenere la nostra anima nell’inferno e non disperare” come ha detto Gesù a Silvano del Monte Athos.
La ripetizione del nome di Gesù è dunque più di una bella devozione, è vita salvata, adesione alla Salvezza, entrata in un mondo nuovo traversando tutto il mondo oscuro della nostra miseria e del nostro peccato.
Tutto ciò non possiamo farlo da soli, perché paralitici sul nostro lettino e senza che alcuno ci butti nella piscina della Salvezza, ma pronunciando il Nome di Gesù incontriamo “quell’uomo” che il paralitico non incontrava. Senza di lui non abbiamo nessuno che ci aiuti a risorgere.
Il Nome di Gesù è nostra Risurrezione e nostra vita.
Il famoso canto: Jesus dulcis memoria: “O Gesù soave ricordo che dai la vera gioia al cuore” continua parlando della presenza dolce più del miele e di ogni altra cosa.
L’inno non parla direttamente del pronunciare il Nome di Gesù, ma è abbastanza chiaro: sia perché è l’inno della festa del Cuore di Gesù, sia perché continua dicendo: nulla si canta di più soave, nulla si ode di più gioioso, nulla si pensa di più dolce quanto Gesù Figlio di Dio.
Il Nome di Gesù lavora nel nostro cuore: ne ammortizza le asprezze, illumina l’intelligenza, e va oltre ogni gioia sorpassando ogni desiderio.
E’ portatore di luce, di verità, di perdono per le colpe.
Un inno molto ricco, che ha un contenuto teologico e spirituale che va ben oltre le espressioni molto affettive dello stile di S. Bernardo, che ha sempre saputo attraverso questo stile un po’ molto dolce passare delle verità rigorose. Non è certo che l’inno sia suo, ma è molto nel suo stile.
Il Nome di Gesù è dunque ciò che ci fa vivere: siamo battezzati e viviamo con questo nome, lo portiamo con umiltà e fierezza: forgia la nostra personalità.
Nel Nome di Gesù ogni ginocchio si piega in terra, nei cieli e sulla terra; con quel Nome noi entriamo in una comunione universale, non di sottomissione schiacciata, ma di comunione d’amore. E’ nel nome di Gesù che si realizza pienamente il disegno del creatore.