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Cistercense
Dominus Tecum

Lettera di S.Paolo ai Filippesi XXXVI

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 30/05/2009

Filippesi 2, 19-30.

"Ho speranza nel Signore Gesù di potervi presto inviare Timòteo, per essere anch’io confortato nel ricevere vostre notizie. Infatti, non ho nessuno d’animo uguale al suo e che sappia occuparsi così di cuore delle cose vostre, perché tutti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo. Ma voi conoscete la buona prova da lui data, poiché ha servito il vangelo con me, come un figlio serve il padre. Spero quindi di mandarvelo presto, non appena avrò visto chiaro nella mia situazione. Ma ho la convinzione nel Signore che presto verrò anch’io di persona. Per il momento ho creduto necessario mandarvi Epafrodìto, questo nostro fratello che è anche mio compagno di lavoro e di lotta, vostro inviato per sovvenire alle mie necessità; lo mando perché aveva grande desiderio di rivedere voi tutti e si preoccupava perché eravate a conoscenza della sua malattia. È stato grave, infatti, e vicino alla morte. Ma Dio gli ha usato misericordia, e non a lui solo ma anche a me, perché non avessi dolore su dolore. L’ho mandato quindi con tanta premura perché vi rallegriate al vederlo di nuovo e io non sia più preoccupato. Accoglietelo dunque nel Signore con piena gioia e abbiate grande stima verso persone come lui; perché ha rasentato la morte per la causa di Cristo, rischiando la vita, per sostituirvi nel servizio presso di me."

Nel passo che segue Paolo parla di due suoi collaboratori e li descrive in quanto “apostoli”, mandati, sempre per il servizio del Vangelo, ma anche ed insieme dei fratelli.
Due ruoli diversi: Timoteo ed Epafrodito.
In Timoteo possiamo riconoscere l’uomo totalmente dato, che non cerca i propri interessi. Paolo con una punta d’amarezza aggiunge: come fanno gli altri.
Si può essere molto solleciti nel servizio del Vangelo, ma purtroppo l’egoismo, l’egocentrismo, la cupidigia si infilano dappertutto e alla fine non si serve più Cristo né il Vangelo, ma solo se stessi. Alla fine i nodi vengono al pettine e la non chiarezza o purezza delle intenzioni rischia di provocare grandi danni.
Timoteo non cercava il suo interesse, ma devoto a Paolo e ancor più alla causa di Cristo, generosamente è disponibile anche a lasciare il suo amato Maestro per raggiungere la chiesa di Filippi, che, avendo un largo posto nel cuore di Paolo, suscita ansie e preoccupazioni.
Paolo vuole aver notizie dei suoi cari amici: queste notizie sono soprattutto il progresso nella fede e nella carità. Timoteo non è un uomo che si preoccupa di sé, ma delle cose di Gesù Cristo: sono queste che interessano Paolo nei suoi progetti però Paolo è totalmente dipendente dal Signore: “ho speranza nel Signore Gesù di potervi presto mandare…”, “ho la convinzione nel Signore che presto verrò anch’io”.
Tutto dipende dal Signore: soprattutto in un momento in cui il processo si avvicina e non si sa l’esito. Per questo Paolo attende ancora prima di mandare Timoteo, per vedere come si sviluppa la faccenda.
Il secondo “apostolo”, mandato da Paolo, è Epafrodito anche lui vicino e fedele. Il discorso qui è diverso. Epafrodito è stato mandato dai filippesi per aver cura di Paolo è un segno dell’affetto della chiesa per il suo evangelizzatore.
In lui ci sono dei sentimenti belli e molto umani.
Il desiderio di rivedere la sua gente, ma soprattutto quello di mostrarsi in buona salute. La preoccupazione degli amici anche per la salute fisica è una cosa importante. Paolo stesso riconosce la bontà di Dio nella sua guarigione.
Parlando di Epafrodito Paolo rivaluta i sentimenti di affetto umano.
La malattia e la morte sono dolore su dolore: non si deve pensare che il cristiano perfetto è impassibile di fronte alla morte dell’amico: S. Bernardo dice: odio la morte, la mia e quella dei miei amici.
Perciò è riconoscente a Dio per aver guarito il collaboratore.
Ma Paolo parla anche della gioia dell’affetto: perché vi rallegriate al vederlo e poco dopo “accoglietelo nel Signore con piena gioia”. L’amicizia, il vedersi, il poter comunicare, stare insieme è “gioia nel Signore”.
Non sono sentimenti di secondaria importanza.
Un’ultima nota: abbiate stima verso persone come lui. Quanti rischiano la vita per noi, si affaticano, danno la loro vita e non ce ne accorgiamo. Paolo parla di stima, di amore.
E infine “perché vi ha sostituito”, non è solo un affare suo, ma è per voi che l’”apostolo” ha rischiato la vita, per voi che l’avete mandato a rappresentarvi.