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A Dio, non a sé, attribuire il bene di cui ci si riconosce capaci. RB 4,42

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Dominus Tecum

Lettera di S.Paolo ai Filippesi XXXVIII

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 08/06/2009

Filippesi 3,1b-2.

"A me non pesa e a voi è utile che vi scriva le stesse cose: guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno circoncidere!"

A me non pesa e a voi è utile che vi scriva le stesse cose. Non si sa a cosa si riferisce, perché le cose che dirà non le ha dette. Ma è compito di coloro che insegnano e guidano non bloccarsi di fronte al fatto che occorre ridire sempre le stesse cose.
La Chiesa annuncia sempre lo stesso Vangelo e non si stanca, e questa parola ogni volta è vivificante.
Nella ripetizione, talvolta insistente, di un insegnamento occorre ci sia l’umiltà di chi non pretende di essere subito capito e che conosce la fragilità della propria parola e accetta che questa non sia ricevuta come qualcosa che si impone e che scolpisce su pietra gli ascoltatori.
Anche Dio ha continuamente ripetuto le stesse cose per condurre il suo popolo.
Poi occorre la pazienza, che Paolo ha detto essere il frutto dello Spirito, che è il grande segno della carità.
Per insegnare a camminare a un bambino occorre tempo, pensiero, entusiasmo comunicativo.
Poi serve la misericordia. Si può anche non essere capiti, o una parola ha bisogno di tempo per essere assimilata, per cui occorre ripeterla.
Ma Paolo dice che a lui non pesa ripetere e qui fa capire che annunciare le cose di Dio è sempre una grande gioia, anche se si ripetono le stesse cose, e formare una comunità è qualcosa che non permette la noia né la permalosità orgogliosa di chi trova che non gli si dà abbastanza retta o considerazione.
Per cui Paolo insiste, ripete, esorta a tempo opportuno ed inopportuno.
Poi il tono cambia improvvisamente e diventa duro, addirittura insultante. Guardatevi dai cani, dai ciarlatani, da quelli che si fanno mutilare.
Paolo tratta con disprezzo quasi incomprensibile qualcosa che era la perla e la gloria del popolo ebraico: la circoncisione. Non la chiama neppure così.
Ma non è certo disprezzo per ciò che Dio ha posto come segno dell’alleanza con Abramo e la sua discendenza. Paolo stesso poco dopo dirà che lui stesso è stato circonciso l’8° giorno. Qui dunque non è il fatto, ma l’insegnamento teologico che ci sta sotto.
Col Vangelo annunciato ai pagani, la parola della salvezza entra in una nuova e ultima fase.
Per poter accogliere Dio e avere una preghiera e un cuore puro occorre la penitenza, ma Dio non lo si incatena con le opere della legge o della carne. La legge e le opere sono cose buone, ma la Salvezza è un dono.
La circoncisione e l’osservanza della legge per il popolo erano cose buone, ma venuto Cristo Salvatore prendono il loro vero significato; sono solo preparazione o pedagogo alla salvezza portata dal Vangelo.
Per cui coloro che giravano in mezzo ai filippesi insistendo su queste opere della carne, mettevano in ombra Gesù Cristo e la sua opera.
La circoncisione, presentata come un atto in sé salvifico, negava l’azione dello Spirito, per cui diventava una semplice mutilazione, come i taglietti che si facevano i sacerdoti pagani al tempo di Elia.
Cani (che era titolo dispregiativo dato ai pagani), ciarlatani (falsi operai) vogliono significare che i cristiani giudaizzanti che insistevano sulle opere della legge piuttosto che sulla salvezza in Gesù Cristo, erano peggio dei pagani e falsi predicatori.