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Cistercense
Dominus Tecum

Lettera di S.Paolo ai Filippesi XXXIX

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 13/06/2009

Filippesi 3,3-4a.

"Siamo infatti noi i veri circoncisi, noi che rendiamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci gloriamo in Cristo Gesù, senza avere fiducia nella carne, sebbene io possa vantarmi anche nella carne."

Noi siamo la circoncisione (circoncisi), noi che rendiamo culto mossi dallo spirito di Dio e ci gloriamo in Cristo Gesù senza avere fiducia nella carne.
Versetto importante: la circoncisione è una cosa cara agli ebrei e, anche se non sono gli unici che la praticano, ne è un segno distintivo portato con fierezza. La separazione circoncisi-incirconcisi lo sappiamo è profonda in tutta la Sacra Scrittura. Qui Paolo sconvolge scandalosamente questa idea; pur non essendo il primo, perché fin dai profeti l’idea di una “circoncisione del cuore” cioè spirituale c’è e si sviluppa sempre più, certamente Paolo porta al massimo questo cambiamento.
Due colonne portanti: il culto, il servizio divino che viene non dal compimento di atti formali, ma dall’impulso dello Spirito di Dio, e la fierezza in Cristo Gesù invece che nelle opere della carne.
Per noi monaci, ma anche per tutti i cristiani, l’affidarsi alle opere della carne, cioè a tanti gesti e opere fragili e che non portano certo alla salvezza, è sempre una tentazione per calmare quell’ansia della salvezza che ci abita, perché nella nostra carne portiamo il segno della morte.
Cerchiamo la vita dove non c’è: che sia nella perfezione della legge o nello stordimento dell’iperattività o per altri nell’apparire giovani, belli, eleganti, di successo, capaci, organizzatori, efficienti, seducenti, ecc., c’è nell’uomo e nella donna un istinto di fuga dalla morte e da ciò che passa che provoca ansia e fa portare il peso nella moltiplicazione delle cose invece che nella semplicità dell’ascolto e dell’obbedienza allo Spirito.
Paolo dice che i veri circoncisi, quelli che camminano sulla via della vita, sono coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio e che non cercano la gloria – ricerca in verità giusta perché è la piena realizzazione della nostra umanità – nelle cose della carne, nella fragilità delle cose che dipendono da noi, ma in Gesù Risorto, Cristo Signore, come diceva l’Inno poco prima, che si è fatto carne fragile per condividere con noi la sua gloria eterna.
Questa è una grande conversione: passare dalla fiducia nelle nostre capacità e intelligenza, alla fiducia in Cristo, che certo seguiamo e amiamo con le nostre capacità e intelligenza, ma che ci conduce, o addirittura porta alla gloria gratuitamente, con un amore che “ci ha amati per primo” e che non dipende dalle nostre virtù.
Paolo continua dicendo: sebbene io possa confidare nella carne, quasi gloriarmene.
Del dono fatto da Dio d’appartenere al popolo eletto Paolo è ben cosciente e farà la lista delle cose su cui potrebbe confidare e addirittura gloriarsene di fronte a dei filippesi proseliti o pagani, mandando volutamente un messaggio ai propagandisti giudaizzanti che serpeggiavano nella comunità, e volendoli confondere, ma sottolinea i suoi titoli unicamente per dire che pur essendo grato al Signore, non gliene importa nulla.
Questo avviene anche per noi: ciò che abbiamo ricevuto nella vita è dono e dobbiamo esserne riconoscenti, ma entrando in monastero sottolineiamo che non ne teniamo alcun conto, perché cerchiamo solo Gesù mossi dallo Spirito.