Logo Dominustecum

Tutti gli ospiti che giungono al monastero siano accolti come Cristo poiché un giorno il Nostro Signore ci dirà: Ero forestiero e mi avete ospitato. A tutti si renda il dovuto onore RB 53,1

fotogallery
Monastero
Cistercense
Dominus Tecum

Lettera di S.Paolo ai Filippesi XXXVII

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 06/06/2009

Filippesi 3,1.

"Per il resto, fratelli miei, state lieti nel Signore. A me non pesa e a voi è utile che vi scriva le stesse cose"

Col capitolo 3 Paolo sembra avviarsi a una conclusione e a un riassunto di ciò che aveva detto, ma invece comincia un nuovo argomento che lo porta ad essere fortemente polemico, a differenza dei due primi capitoli.
Per il resto, fratelli miei, state lieti nel Signore…
Della gioia aveva già parlato: la sua gioia era vedere una comunità al seguito di Cristo, unita nella carità e nella umiltà.
Per un apostolo non c’è gioia più grande che vedere la parola seminata, spuntare e promettere un frutto.
Qui la gioia non è quella dell’apostolo, ma quella della comunità e dei singoli.
E’ vero che Paolo usa la parola con cui i greci si salutavano, χαίρετε – ma qui si sente che non è una pura forma.
Paolo ha dato notizie sue, di Timoteo, di Epafrodito, ha dissipato certe inquietudini dei suoi amici. Ma questo non basta. E’ necessario non solo superare le inquietudini, ma soprattutto avere quella libertà del cuore, quella viva speranza, quell’attaccamento al Signore, in una fede che non vacilla, che sono le vere componenti della gioia.
Non è perché le notizie sono buone – non lo sono poi neanche tanto – ma perché il Signore è in mezzo al suo popolo.
Rallegrarsi nel Signore, stare lieti, porta tutto l’eco messianico che conosciamo anche attraverso il saluto dell’Angelo a Maria.
I cristiani stanno lieti non perché tutto va bene, o perché la loro fede porta delle risposte esatte e rassicuranti sulle varie inquietudini e vicissitudini o angosciosi interrogativi sul futuro, sul presente, sull’esistenza, ecc. Ma ricevono l’annuncio della gioia, non la possiedono, la accolgono come dono, perché accolgono il Dio presente e Salvatore.
Possiamo ricordare il bellissimo cantico di Sofonia: “Gioisci figlia di Sion, esulta Israele e rallegrati con tutto il cuore”: tre inviti insistenti e forti alla gioia.
“Il Signore ha revocato la tua condanna”. Ma poi continua e dice:” Il Signore tuo Dio è in mezzo a te, è un salvatore potente. Esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore si rallegrerà per te (danzerà per te) con grida di gioia, come nei giorni di festa”.
La gioia è dunque perché il Signore è venuto per stare con noi e questo ci libera da ogni condanna e tristezza. Le avversità della vita perdono la loro aggressività, perché Dio è con noi.
Questo senso della presenza di Gesù, del suo Spirito, dell’amore di Dio che ci avvolge, è per noi una continua sorgente di gioia. Non la gioia mondana di coloro a cui tutto va bene e che spesso è accompagnata da una chiusura del cuore egoista, dal disprezzo, dall’indifferenza verso gli altri, ma è la gioia che può avere anche Paolo nelle catene, che possono avere i filippesi, piccola chiesa a cui non tutto va bene e che incontra varie difficoltà; gioia che anche oggi è testimonianza non del prevalere della Chiesa o dalla fioritura del monastero o del fatto che faccio ciò che mi piace, ma che malgrado le difficoltà, le rinunce, le persecuzioni, le contraddizioni, le fatiche quotidiane e l’inquietudine per il futuro, il Signore Gesù è al centro ed è l’unica cosa che ci interessa.