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I monaci si prevengano nello stimarsi a vicenda. RB 72,4

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Lettera di S.Paolo ai Filippesi IL

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 01/08/2009

Filippesi 4,6-7

"Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù."

Paolo ha detto: Il Signore è vicino. Questa affermazione così centrale nella fede cristiana, può essere un invito alla vigilanza: il Signore ormai bussa alla porta e questo stimola i cristiani a vivere quelle virtù che Paolo ha ricordato lungo la lettera.
Ma in questo contesto e con quello che segue penso che Paolo vuole sottolineare il fatto che il Signore è con noi, presente e attento, buon Pastore. E’ una espressione incoraggiante in una situazione non senza difficoltà come quella dei filippesi e in generale di tutti.
Per cui siamo incoraggiati a “non prendercela troppo”, non lasciare che il normale peso delle preoccupazioni, e nel caso addirittura della persecuzione, abbatta il nostro animo.
Nulla, né le angustie esteriori, né i pesi interiori, e neppure il nostro peccato, può opprimere il nostro cuore, che invece deve essere attento alla costante e fedele presenza del Signore.
Angustiarsi vuol dire guardare e contare solo su se stessi ; se il Signore è vicino “se ne parla con lui” e si entra nella supplica, che sottolinea la nostra povertà accettata e la fiducia nella presenza e nella bontà del Signore. E questa preghiera (Paolo usa due termini che entrambi vogliono dire preghiera e supplica) deve essere fatta con uno spirito di ringraziamento, di riconoscenza.
Se il Signore è vicino e ci permette di pregarlo, innanzitutto è la riconoscenza che deve dominarci.
Certo abbiamo bisogno di supplicarlo per tante cose, ma senza mai dimenticare che davanti a noi non c’è un Dio da convincere e commuovere, ma un Padre che ci viene incontro per salvarci.
Il Signore è vicino.
Certo possiamo manifestargli le nostre necessità, anzi lo dobbiamo fare anche se siamo certi che lui già le conosce e sa qual è il nostro bene.
Ma per un rapporto vero, “umano”, non possiamo fare astrazione e non esprimere ciò che ci sta a cuore, desideri, angustie, inquietudini, necessità, bisogni, povertà. Già il semplice fatto di esporre tutto a Dio, se fatto con fede e cuore retto, è una lode alla sua bontà. Essere commossi perché il Dio onnipotente ed eterno si china e accetta di ascoltare le nostre umili preghiere, le accoglie e fedele alla sua promessa non ne lascia cadere una, donandoci il bene e lo Spirito Santo. Anche se spesso a noi sembra che sia sordo, distratto o indifferente.
Nella preghiera occorre l’atto di fede che ci spinge oltre ogni evidenza sensibile.
In tal modo la pace, che è il grande dono messianico e divino, regnerà nei nostri cuori, non per una conseguenza che noi possiamo cogliere, ma sorpassando ogni nostra capacità di comprendere. I doni di Dio sono gratuiti e sicuri, ma l’uomo non può gestirli a suo piacere.
Qui Paolo dice che la pace, che sorpassa ogni ragionamento, veglierà sui nostri cuori e i nostri pensieri.
Essere custoditi, come da qualcuno attento a noi, dalla Pace di Dio. Ogni dono di Dio è Dio stesso. E Cristo è la nostra Pace.