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Dominus Tecum

Lettera di S.Paolo ai Filippesi LIII

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 10/08/2009

Filippesi 4,12-16

Ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alla mia tribolazione. Ben sapete proprio voi, Filippesi, che all'inizio della predicazione del vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa aprì con me un conto di dare o di avere, se non voi soli; ed anche a Tessalonica mi avete inviato per due volte il necessario.

Paolo fa un elenco di situazioni opposte in cui si è trovato: la situazione umiliante dell’indigenza come quella pericolosa spiritualmente dell’abbondanza e la vita l’ha iniziato, (parola che potrebbe evocare una religione misterica, ma è semplicemente la scuola della vita) ad essere sazio o carente di tutto a sovrabbondare o mancare di tutto. Ma tutto questo è per dire una cosa sola: tutto posso in Colui che mi dà la forza.
Se si vuole seguire Gesù per prima cosa occorre imparare a contare su di lui, altrimenti passiamo il tempo a guardare ciò che abbiamo o non abbiamo, se ce la facciamo o se crolliamo, se gli altri ci considerano e sostengono o ci abbandonano. E la preoccupazione per se stessi prende tutto il posto e la vita di dono diventa un’illusione.
Se non c’è un forte appoggio nel Signore è tutto pura forma.
La nostra vita è una scuola esigente di questo, perché il Signore prende sul serio la nostra promessa di seguirlo e ci pone di fronte all’esigenza del Vangelo, senza però costringerci, ma non mollando. Lui è fedele al nostro desiderio più di noi.
Per questo noi possiamo avventurarci in una vita e in un dono sempre crescenti che può sembrarci impossibile.
Ma tutto posso in Colui che mi dà la forza.
Però, aggiunge Paolo, avete fatto bene a prendere parte alla mia tribolazione.
Questa frase ha delle parole ricche di significato: innanzitutto c’è un sincero ringraziamento. E’ vero che è pronto a tutto e rodato a tutto, ma è davvero riconoscente per l’attenzione dei filippesi. Infatti non dice solo “mi avete aiutato materialmente” ma “siete stati in comunione (κοινωνία) con tutte le mie tribolazioni economiche, dell’evangelizzazione e spirituali. La lotta del Vangelo che Paolo conduce li trova associati, pronti, con l’iniziativa della carità.
Aveva appena lasciato Filippi, dopo l’incarcerazione per il fatto della schiava indovina, ed era andato a Tessalonica dove si era messo a lavorare con le proprie mani, e i filippesi hanno pensato di mandargli un aiuto economico,
E così hanno aperto una partita di dare-avere. Avendo ricevuto un’immensa ricchezza con il Vangelo, si sdebitano con quello che possono fare.
A Filemone Paolo ricorda il suo “credito” con lui, per averlo evangelizzato.
Non bisogna disprezzare questo genere di scambio: ognuno dà quello che ha in uno spirito di totale comunione, gratuitamente e mettendoci tutto il proprio cuore.
In questo spirito dobbiamo considerare il nostro lavoro, gli studi e tutti i generi di servizi. Ciò che abbiamo e possiamo lo diamo agli altri e riceviamo ciò che gli altri ci danno. Per cui abbiamo se gli altri ci danno e impariamo a non avere se gli altri non pensano a darci. E nello stesso tempo dobbiamo avere il cuore dei filippesi che hanno una carità attenta.
Solo loro, cioè solo chi ha questa carità attenta, è in κοινωνία, comunione col Vangelo e partecipa dell’evangelizzazione.
Ognuno ha la sua missione; Paolo è andato a Tessalonica, ma i filippesi hanno partecipato alla missione mandando una, anzi due volte (questo sottolinea la gratuità e la grandezza della loro attenzione) un aiuto a Paolo.