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Tutti gli ospiti che giungono al monastero siano accolti come Cristo poiché un giorno il Nostro Signore ci dirà: Ero forestiero e mi avete ospitato. A tutti si renda il dovuto onore RB 53,1

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Cistercense
Dominus Tecum

Ebrei 10,34-36 (4)

Omelie al capitolo della comunità per la Quaresima - 29/02/2012

Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di essere derubati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e duraturi. Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa. Avete solo bisogno di perseveranza, perché, fatta la volontà di Dio, otteniate ciò che vi è stato promesso. (Ebrei 10,34-36)

Tutta questa gioia anche nel subire prove e persecuzioni non ha senso se non c’è un profondo atto di fede, una fiducia nella Parola del Signore che non chiede la sofferenza, ma conduce, attraverso una sofferenza necessaria, al Suo Regno, alla sua beatitudine, alla sua gloria.
Si può essere spogliati di tutti i beni della terra, fino alla stessa vita, ma la certa speranza che si appoggia sulla fiducia nella Parola di Gesù , sa che i beni che ci attendono sono ben migliori, più grandi e duraturi. Ci sono cose che passano e proprio in questo “passare” anche se ci sono preziose e care e colmano i nostri desideri, sono solo temporanee e non tolgono il gusto di morte che perseguita l’uomo. Tutto finisce, anche le cose più belle. Perfino l’amicizia ci fa temere la morte dell’amico o, peggio ancora, il suo tradimento. Lo troviamo spesso nei salmi. Ma i beni che il Signore offre a coloro che rischiano tutto per lui, rimangono e non possono deludere.
Per questo Eb continua: “non abbandonate, non perdete la vostra franchezza”, parola che traduce in modo molto approssimativo e scarso la parrhesia. Questa è fiducia coraggiosa nel parlare, libertà nel comportamento, ma non in senso negativo, maleducato, aggressivo o arrogante, ma qualcosa che si radica nella fede.
I cristiani, i martiri non esitavano nell’affermare la loro fede. C’è in questa parola non solo coraggio, ma anche la gioia. Nascendo dalla fede, la parrhesia viene da un cuore libero, contento e innamorato, che quindi non è frenato dal timore degli uomini.
Qui si dice ancora una volta che a chi vive con eroici atti di fede la ricompensa non viene meno. La fede fa nascere la speranza e la speranza rafforza la fede. Nella parrhesia le due virtù si allacciano l’una all’altra. E il massimo frutto è la carità con cui noi osiamo dire: “Padre nostro
Nel contesto di Eb, con all’orizzonte la persecuzione e il martirio, la spogliazione dei beni e talvolta della vita, questa luce di fede e di speranza diventa la forza che permette di non abbandonare il combattimento e di giungere alla corona della vittoria.
È ciò che dice il versetto seguente. “Avete solo bisogno di perseveranza (la famosa upomone)perché facendo la volontà di Dio otteniate ciò che vi è stato promesso”. È un riassunto conclusivo del discorso fatto fin qui. Se bisogna perseverare – e questa è una parola chiave di immensa ricchezza, richiesta da Gesù e che preoccupa tanto Benedetto – è perché ciò che ci sta a cuore è la volontà di Dio, quel progetto di amore e di comunione per il quale ha creato il mondo e in particolare l’uomo, progetto meraviglioso a cui è seguito quello ancora più meraviglioso della redenzione e della comunione tra Dio e l’uomo: Dio si è fatto uomo, perché l’uomo diventasse Dio, comunione nella carne e nella divinità insieme.  In tal modo si ottiene ciò che è stato promesso, perché Dio è fedele e mantiene le sue promesse. È ciò che ci permette di pronunciare i nostri voti, che si fidano sulla fedeltà di Dio.