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Che cosa vi è di più dolce per noi, fratelli carissimi, di questa voce del Signore che ci invita? Ecco, il Signore, nella sua bontà, ci mostra il cammino della vita. RB, Prol 19-20

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Dominus Tecum

Ebrei 11,2 (9)

Omelie al capitolo della comunità per la Quaresima - 08/03/2012

Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio. (Ebrei 11,2)

 Dopo aver messo la fede come luogo in  cui già si possiedono le cose che Dio ha promesso e che si sperano in una attesa fiduciosa, l’autore ci dice che gli antichi padri grazie alla fede hanno ricevuto una buona testimonianza dalla Scrittura. Dio ha accolto e approvato il loro operato derivante dalla fede.
Se dunque per la lettera agli Ebrei in generale la fede è credere in Gesù Cristo che ha portato a termine il progetto di Dio, facendoci entrare negli ultimi tempi e dandoci, ancora però nel mistero, la realtà dei beni a noi destinati fin dalla creazione, qui si afferma il valore della fede degli antichi. Pur non vedendo e gustando la realtà i “nostri padri” hanno avuto fiducia nella promessa del Signore e hanno giocato la loro vita su questa fiducia.
Il Signore, attraverso la Scrittura, ha mostrato di approvare questa loro fede, anche se ancora ombra della realtà, e con la venuta del Figlio ha portato a pienezza la loro speranza.
Ora noi possediamo la realtà, perché il Verbo che si è fatto carne è con noi. Di questa realtà la vita monastica è testimone e il pensare con fede a questa sua presenza che realizza il progetto di Dio ci sprona a vivere con chiarezza e fermezza i valori che essa ci propone. Sappiamo che il nostro zelo costruisce qui e ora, sulla terra, il Regno di Dio e logora, rendendolo meno opaco, quel velo che ne impedisce la visibilità.
La trasfigurazione del Signore è da noi considerata un mistero vicino alla nostra vita perché in essa la vita ancora futura del Regno pienamente visibile, si è mostrata.
Se gli antichi, pur non conoscendo Gesù, hanno avuto una fede che li ha fatti approvare da Dio e la loro vita e la loro morte sono state preziose ai suoi occhi, noi possiamo rallegrarci perché potendo guardare la pienezza realizzata, possiamo camminare con una ben più grande e gioiosa certezza.
Chi non conosce Gesù Cristo ma cammina nella fiducia e manifesta questa fiducia nelle opere può ricevere buona testimonianza e essere approvato da Dio .
Ma chi ha conosciuto il mistero del Dio Incarnato, morto e risorto, non vivendo più nell’ombra una bella realtà, è chiamato a vivere la testimonianza, a essere realtà di Cristo, a camminare come chi vede non forse nella luce di mezzogiorno, ma almeno in quella dell’alba.
E questo è seguire Cristo.
È la vita nella Chiesa, sempre tentata di tornare all’ombra della legge, e sempre richiamata a riaprirsi alla luce della fede: dalle apparenti garanzie delle capacità umane alla certezza di ciò che non si può possedere, dalla giustizia ottenuta con le opere alla misericordia ricevuta con la fede.
E nella storia della Chiesa Elia ha sempre richiamato Mosè e Mosè dato rettitudine a Elia, cioè l’aspetto profetico ha stimolato l’aspetto ministeriale e i Pastori hanno dato una giusta direzione ai profeti. Per questo coscienti che una vita monastica ben condotta è richiamo per la conversione di tutta la Chiesa, noi non l’inventiamo ma la riceviamo dai nostri padri attraverso l’orientamento e il controllo di chi nella Chiesa esercita il mistero pastorale.