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Che cosa vi è di più dolce per noi, fratelli carissimi, di questa voce del Signore che ci invita? Ecco, il Signore, nella sua bontà, ci mostra il cammino della vita. RB, Prol 19-20

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Dominus Tecum

Quaresima 2013 - Letture per Vigilie (1)

17/02/2013

 Dalle Rivelazioni di Giuliana di Norwich*

Questa è una rivelazione d'amore che Gesù Cristo, nostra felicità eterna, ha fatto in sedici visioni, di cui la prima mostra la sua preziosa coronazione di spine; e in essa è compresa e specificata la Trinità beata con l'incarnazione e l'unione tra Dio e l'anima umana, con molte belle rivelazioni e insegnamenti di sapienza e di amore infinito: tutte le rivelazioni che seguono trovano qui il loro fondamento e il legame che le unisce... Questa rivelazione fu fatta a una creatura semplice e illetterata… la quale desiderava ottenere dalla grazia di Dio tre doni: il primo era la memoria della passione, il secondo era una malattia fisica, il terzo era quello di avere in dono da Dio tre ferite. Quanto al primo, mi pareva di avere in una certa misura provato in me le sofferenze della passione di Cristo, ma desideravo con la grazia di Dio di farne un'esperienza ancor più profonda. Avrei voluto essere realmente presente con la Maddalena e gli altri amici di Cristo per riuscire a vedere con i miei occhi la passione che nostro Signore soffriva per me, e così poter soffrire con lui, come fu dato a quelli che lo amavano e gli erano accanto. Per questo desideravo una visione corporea in cui avrei potuto avere una conoscenza maggiore delle pene fisiche del nostro salvatore, e della compassione della Madonna e di tutti i suoi amici fedeli che erano vivi in quel tempo e videro perciò le sue pene: avrei voluto essere una di loro e soffrire con loro...
Quanto al secondo dono, mi venne alla mente, insieme a un senso di pentimento, liberamente, senza che io lo cercassi, un desiderio intenso di avere in dono da Dio una malattia fisica. Volevo che tale malattia fosse così seria da portarmi in punto di morte, fino a ricevere tutti i riti della santa Chiesa, fino a che io stessa fossi convinta che stavo per morire... Desideravo provare tutte le specie di pene, fisiche e spirituali, che avrei provato se fossi morta, tutti i terrori e le tentazioni dei diavoli, e tutte le specie di sofferenze, tranne il trapasso dell'anima. E questo era il mio desiderio perché volevo essere purificata dalla misericordia di Dio così da condurre poi una vita meglio consacrata a Dio proprio a causa di quella malattia. E speravo che questo avrebbe attirato su di me lo sguardo di Dio al momento della mia morte, perché desideravo arrivare presto a stare con il mio Dio e creatore. Questi due desideri circa la passione e la malattia erano accompagnati da una condizione, che bisogna tener presente quando si prega. Dicevo dunque: «Signore, tu sai cosa desidero se tu vuoi che io l'ottenga, ma se questo non è la tua volontà, o buon Signore, non averne a male, perché io voglio solo ciò che tu vuoi». Il desiderio della malattia mi era venuto quando ero giovane, e avrei voluto averla nel mio trentesimo anno di età.
Quanto al terzo, per grazia di Dio e secondo l'insegnamento della santa Chiesa, concepii un forte desiderio di ricevere tre ferite nella mia vita, e cioè: la ferita della vera contrizione, la ferita della genuina compassione e la ferita di un intenso desiderio di Dio. Mentre avevo accompagnato le altre due richieste con una condizione, feci questa terza richiesta con forza e senza condizione alcuna. I due desideri di cui ho parlato prima uscirono dalla mia mente, il terzo invece rimaneva in me continuamente.

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Subito vidi il sangue rosso scorrere giù dalla corona di nostro Signore, caldo e gorgogliante, abbondante e vivo, proprio come quando la corona di spine veniva premuta a forza sul suo capo benedetto. Ero assolutamente convinta che proprio lui, Dio e uomo, che aveva sofferto per me, era la medesima persona che mi si rivelava in quel momento, senza intermediario alcuno.
E nella stessa visione la Trinità riempì immediatamente il mio cuore di una grande gioia, e capii che così doveva essere nella vita senza fine del cielo per quelli che ci arrivano. Perché la Trinità è Dio, Dio è la Trinità. La Trinità è il nostro creatore, la Trinità è il nostro custode, la Trinità è il nostro amore eterno, la Trinità è la nostra gioia e felicità infinita, per il nostro Signore Gesù Cristo e nel nostro Signore Gesù Cristo. E questo fu rivelato nella prima visione e in tutte le altre, perché dove appare Gesù s'ha da intendere la beata Trinità, così mi sembra. E dissi: Benedicite Dominus: E dissi questo per reverenza, con una voce potente, ed ero tutta stordita per lo stupore e la meraviglia al vedere che colui che dovrebbe incutere rispetto e timore trattava con tanta familiarità una creatura di peccato vivente nella miseria della carne. Così intesi la visione come un momento che Gesù, nel suo amore gentile, voleva offrirmi per darmi conforto prima dell'ora della tentazione: pensavo infatti che, con il permesso di Dio e rimanendo sotto la sua custodia, sarei stata tentata dai demoni prima di morire. In questa visione della sua beata passione, insieme alla divinità che vedevo nella mia mente, sapevo bene che ci sarebbe stata forza sufficiente per me, e per tutti i viventi destinati alla salvezza, contro tutti i demoni dell'inferno e contro tutti i nemici spirituali.
Poi mostrò alla mia mente la Madonna, santa Maria. La vidi spiritualmente come se avesse una forma corporea, ed era una ragazza semplice e dolce, giovane d'età, poco più di una bambina, nella condizione in cui era al momento in cui concepì. Dio mi mostrò pure parzialmente la sapienza e la rettitudine della sua anima, e in questo vidi il sentimento di riverenza con cui ella contemplò il suo Dio, il suo creatore, e la meraviglia che provava al pensiero che egli volesse nascere da lei che era una semplice sua creatura. E la sapienza e la rettitudine, conoscendo lei la grandezza del suo creatore e la propria piccolezza, le fecero dire con tutta umiltà a Gabriele: «Eccomi, sono la serva del Signore». In questa visione compresi veramente che, quanto a dignità e
pienezza, lei è al di sopra di tutto ciò che Dio ha creato, perché più in alto di lei non c'è niente se non la beata umanità di Cristo, così mi pare.
 
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Nello stesso momento in cui ebbi la visione della testa che sanguinava, il nostro buon Signore mi mostrò una visione spirituale del suo amore familiare. Vidi che egli è per noi ogni cosa buona che ci è di conforto e di aiuto. È il nostro vestito, e per amore ci avvolge e ci fascia, ci abbraccia e si racchiude tutto attorno a noi, ci sta vicino con tenero amore, e non ci abbandona mai. E così in questa visione io vidi che egli è ogni cosa buona, per quanto potei capire. E mi mostrò poi una piccola cosa, grossa quanto una nocciola, che stava nel palmo della mia mano, così mi sembrava, ed era rotonda come una palla. La guardai con l'occhio della mia intelligenza, e pensai: «Cosa mai può essere?». E mi fu risposto così: «È tutto ciò che è creato». Mi chiedevo con meraviglia come potesse durare, perché mi sembrava che si sarebbe in fretta ridotta a nulla, tanto era piccola. E alla mia mente fu risposto: «Dura e durerà sempre perché Dio l'ama»; e così tutte le cose ricevono il loro essere dall' amore di Dio.
In questa piccola cosa vidi tre aspetti: il primo è che Dio l'ha creata, il secondo è che Dio l'ama, il terzo è che Dio la custodisce. Ma cosa vidi dunque? In verità vidi il creatore, il custode, l'amico. Fino a che io non sarò sostanzialmente unita a lui non potrò mai avere un riposo pieno e una felicità vera; voglio dire che dovrò essere così saldamente legata a lui che nulla assolutamente di ciò che è creato possa interporsi tra me e il mio Dio. Quella piccola cosa creata mi sembrò che potesse ridursi al nulla per la sua piccolezza. Di questo dobbiamo avere piena consapevolezza, così da evitare di attaccarci alle cose create, per poter amare e possedere Dio che è increato.
Questo è infatti il motivo per cui entra l'inquietudine nell'anima e nel cuore: noi cerchiamo riposo in questa cosa che è così piccola e che non può offrire alcun riposo, e non riconosciamo il nostro Dio, che è onnipotente, pieno di sapienza e di bontà, ed è lui il vero riposo. Dio vuole essere conosciuto, e gli piace che noi ci riposiamo in lui, perché tutto ciò che sta al di sotto di lui non ci sazia. Ecco perché nessuna anima può essere in pace fino a che non si vuota di ogni cosa creata. Quando essa volontariamente e per amore giunge a svuotarsi per possedere colui che è tutto, allora è in grado di ricevere il riposo dello spirito. E pure il nostro buon Signore mi rivelò che è per lui una grandissima gioia quando un'anima semplice si rivolge a lui spoglia, schietta e genuina. Perché questo è il naturale desiderio dell'anima che riceve il tocco dello Spirito Santo, secondo la comprensione che ho di questa rivelazione: «Dio, per la tua bontà dammi te stesso, perché tu mi basti, e non posso chiedere meno di ciò per renderti il pieno onore che meriti. E se chiedo meno, io mancherò sempre di qualcosa, mentre in te soltanto io ho tutto». E queste parole, per la bontà di Dio, sono molto care all'anima, e vicinissime alla volontà di nostro Signore, poiché la sua bontà riempie tutte le creature e tutte le sue opere benedette, e le supera continuamente. Perché egli è l'infinito, e ci ha creati solo per se stesso, e ci ha risanati con la sua preziosa passione, e continua a custodirei nel suo amore beato; e tutto questo è opera della sua bontà. 
 
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Questa rivelazione mi fu data per insegnarci che l'anima deve con saggezza aderire alla bontà di Dio, e nel medesimo tempo mi venne in mente quel nostro modo di pregare che ci porta a servirci di molti espedienti, e questo perché ignoriamo il suo amore. Allora vidi in verità che c'è una maggior gloria di Dio e una più autentica gioia nel pregarlo con fiducia nella sua bontà e nell'aderire a lui per la sua grazia, con vera intelligenza e fede salda, che se ricorriamo a tutti quei mezzi intermedi che il cuore può pensare. Se infatti ci serviamo di questi mezzi, si tratta sempre di piccole cose che non sono mai perfettamente degne di Dio; ma nella sua bontà c'è la totalità del tutto, ed essa non viene mai meno. E questo è quanto mi venne in mente in quel medesimo momento. Noi preghiamo Dio per la sua carne santa e il suo sangue prezioso, la sua santa passione, la sua preziosissima morte e le sue ferite gloriose, poiché tutti i doni della natura, e la vita senza fine che ricaviamo da tutto questo, sono opera della bontà di Dio. E lo preghiamo per l'amore della sua dolce madre che lo generò, e tutto l'aiuto che riceviamo da lei è opera della bontà di Dio. E lo preghiamo per la santa croce sulla quale morì, e tutto l'aiuto e la forza che ci viene da quella croce è opera della sua bontà. E allo stesso modo, tutto l'aiuto che riceviamo da alcuni santi particolari e da tutta la beata compagnia del cielo, l'amore inestimabile e la santa eterna amicizia che riceviamo da loro, è opera della sua bontà. Poiché i mezzi che la bontà di Dio ha scelto per aiutarci sono bellissimi e numerosi. Di questi il primo e il principale è la beata natura umana che egli assunse dalla Vergine, con tutto ciò che ha preceduto questo evento e tutto quello che ne deriva, tutti i mezzi cioè con cui si realizza la nostra redenzione e la nostra salvezza eterna. Per questo Dio è contento se lo cerchiamo e lo adoriamo servendoci di questi mezzi, purché sappiamo e riconosciamo che il fondamento di tutti è la sua bontà. Pregare la bontà di Dio è dunque la preghiera più alta, e questa bontà scende fino a noi raggiungendo le nostre più umili necessità. Ha creato la nostra anima e la fa vivere, la fa crescere in grazia e virtù. Questa stessa bontà è per sua natura vicinissima a noi, ed è grazia prontissima a venirci in soccorso, perché è la stessa grazia che l'anima cerca e cercherà sempre, fino al giorno in cui conosceremo Dio come realmente è, lui che ci ha tutti racchiusi in sé.

*Giuliana di Norwich, Libro delle rivelazioni, Milano 1984, estratti dai capitoli I,II,IV,V e VI