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Pasqua 2013 - letture per Vigilie (1)

01/04/2013

DALLE OMELIE DI DON PRIMO MAZZOLARI

Ogni cosa che muore, come ogni cosa che incomincia a vivere nella morte, è un aspetto della Pasqua. Le donne, sull'albeggiare, quando nessun discepolo vi pensa, s'avviano con gli aromi verso il sepolcro per imbalsamare Gesù, omaggio pietoso verso un perduto amore, ultima testimonianza di una fede che la morte aveva cambiato in ricordo.
A nessuna delle tre, mentre camminano verso il sepolcro, canta in cuore, sia pure celato, l'alleluja della grande speranza: nessuna osa guardare di là della tomba.
La pietra non era per esse l'ostacolo alla vita, ma l'impedimento per l'ultima  devozione alla morte.
Nessuna voce lo chiama dal di qua: nessun grido lo invoca: neanche la Maddalena, che pur non avrebbe dovuto dimenticare le certezze affermate dal Maestro sulla tomba di Lazzaro. Tutti avevano bisogno di vita, e nessuno s'appellava al Vivente.
La morte era più sigillata nei cuori che nel sepolcro.
L'alleluja è nato spontaneamente dall'infinita bontà del Signore, che, invece di guardare alla nostra mancata attesa, pose il suo sguardo pietoso sul nostro bisogno di vita, come sulla croce, «per amare fino alla fine», aveva guardato «coloro pei quali moriva, non quelli che lo facevano morire».
La Pasqua si ripete. Il nostro sacramento pasquale è ancora una volta un atto di pietà, come se il Signore avesse bisogno di piccole pietà.
I morti vogliono la pietà: il Vivente l'audacia.
«Non vi spaventate. Voi cercate Gesù. Non è qui. Questo è il luogo dove l'hanno posto».
Le nostre civiltà, le nostre culture, le nostre tradizioni, le nostre grandezze, perfino le nostre basiliche, possono essere divenute il luogo dove gli uomini di un'epoca l'avevano posto.
Il comandamento è un altro: «Andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro ch'egli vi precede». Dove? Dappertutto: in Galilea e in Samaria: a Gerusalemme e a Roma: nel Cenacolo e sulla strada di Emmaus ... ovunque l'uomo pianterà le sue tende, farà la sua giornata di fatica e d'avventura, spezzerà il suo pane, costruirà le sue città, piangendo o cantando, sorridendo o imprecando.
«Egli vi precede».
Questa è la consegna della Pasqua.
E se, alzandoci dalla tavola eucaristica, avremo l'animo disposto a tenergli dietro ove egli ci precede, «lo vedremo, come egli disse».
 

DALLE OMELIE SULLA PASQUA DI ESICHIO DI GERUSALEMME

Splendente è il cielo illuminato dal coro degli astri, ma più splendente è l'universo per il sorgere della stella mattutina. E tuttavia l'aspetto di questa notte ora si rallegra di più per la vittoria del nostro Dio e salvatore di quanto non rifulga per gli astri. Infatti, coraggio, egli dice, io ho vinto il mondo (Gv 16,33). Avendo Dio vinto l'invisibile nemico, senza dubbio anche noi riporteremo vittoria contro i demoni. Restiamo dunque accanto alla croce salvifica per ottenere le primissime primizie dei doni di Gesù. Festeggiamo solennemente questa sacra notte con sacre fiaccolate, elevando una divina melodia e cantando un celeste inno. Il Sole di giustizia, il Signore nostro Gesù Cristo, ha anche illuminato questo giorno per tutto l'orbe terrestre, tramite la croce è sorto e ha salvato i credenti…
La presente festa è festa di vittoria, fratelli, la vittoria del Re dell'universo, il Figlio di Dio. Oggi infatti, grazie al Crocifisso, è stato vinto il diavolo, e si rallegra la nostra stirpe, grazie al Risorto. Acclama infatti il giorno presente alla mia resurrezione, e dice: "Nella mia corsa ho visto uno spettacolo nuovo: un sepolcro aperto e un uomo risorto, ossa esultanti, anime nella gioia, uomini che vengono plasmati, cieli lacerati e potenze acclamanti: Alzate, principi, le vostre porte (Sal 23,7). Oggi ho visto ascendere il Re dei cieli avvolto di luce, ascendere al di sopra del fulmine e dei raggi, al di sopra del cielo e delle sorgenti d'acqua, al di sopra delle nubi, dello spirito di potenza e della vita eterna. Egli è stato prima nascosto in un grembo di carne, poi nel grembo della terra, là santificando con la sua generazione quanti nascono, qui vivificando con la resurrezione quanti sono morti. Sono fuggiti dolore, tristezza e lamento (Is 35, 10). Infatti, chi ha conosciuto la mente del Signore, o chi è stato suo consigliere (Is 40,13), se non il Verbo incarnato, inchiodato al legno, risuscitato dai morti e innalzato ai cieli?
Questo giorno è annuncio di gioia, perché in questo giorno il Signore è risorto, risuscitando con sé il gregge di Adamo: egli è infatti nato per l'uomo, e con l'uomo è risorto. Oggi, grazie al Risorto, il paradiso è stato aperto, Adamo è stato riportato alla vita, Eva è stata consolata, la chiamata è stata estesa, il Regno è stato preparato, l'uomo viene salvato e il Cristo adorato. Calpestata infatti la morte, fatto prigioniero il tiranno e spogliato l'ade, egli è asceso ai cieli quale re vittorioso, quale capo glorioso, quale inafferrabile auriga, e dice al Padre: Eccomi, o Dio, io e i figli che mi hai dato ... (Is 8,18). E dal Padre si è sentito dire: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi (Sal 109,1). A lui la gloria, ora e nei secoli dei secoli. Amen.
 

DALLE OMELIE SULLA PASQUA DI CARLO MARIA MARTINI

La pagina del vangelo di Giovanni ci presenta la domanda di Gesù alla donna: « Chi cerchi? ».
Per S. Giovanni è una domanda molto significativa perché è la prima parola in assoluto che Gesù ha detto all'inizio del suo ministero pubblico. Nel quarto Vangelo infatti, quando i due discepoli di Giovanni Battista si avvicinano a Gesù per sapere chi è, Gesù risponde: «Chi cercate? ».
Ed ora, al termine del racconto evangelico secondo Giovanni, ritorna questa parola: «Chi cerchi?», cioè, tu cerchi qualcuno.
È la domanda che il Risorto rivolge all'uomo: tu cerchi qualcuno che ti asciughi le lacrime, che ti ami con amore fedele, che ti salvi; tu non sai chi cerchi ma stai cercando il tuo Dio.  Quando Gesù, la sua Parola e il suo Spirito ci fanno questa domanda, essa risuona potentemente in noi e sentiamo tutta la forza del Risorto: è la nostra Pasqua, vissuta da ciascuno di noi, aprendo la tomba del nostro cuore alla forza del Signore Vivente.
Se ascoltiamo questa domanda, se ci sforziamo di rispondervi, allora sentiremo anche noi pronunciare il nostro nome come la donna sentì Gesù che le diceva: « Maria! ».
Maria di Magdala riconosce Gesù solo dopo che lui l'ha chiamata per nome, che ha cioè risvegliato la sua persona, rigenerato la sua libertà, rinnovato in essa la potenza creatrice con cui Dio chiama ogni uomo all'esistenza e gli affida una missione nella vita.
« Gesù Risorto, fa' che ci lasciamo domandare perché piangiamo oggi, quali sono le nostre più profonde sofferenze. Gesù Risorto, fa' che noi possiamo andare a fondo del nostro cuore per vedere che cosa cerchiamo, qual è l'oggetto della nostra ricerca senza limiti »,
Se preghiamo così, Gesù ci aiuterà e troveremo che cerchiamo una persona, che cerchiamo lui, morto e Risorto per noi. Ci aiuterà a rotolare la pietra del sepolcro della nostra vita riconoscendo che lui è vivo, ora e sempre. 
 
 
DALLE OMELIE SULLA PASQUA DI CARLO MARIA MARTINI

Ci possiamo chiedere, quale rapporto si compie in Cristo Risorto tra il cammino del passato, della memoria, e il cammino del futuro, della speranza. Quale rapporto si compie tra tradizione e libertà. Quale rapporto si compie in Cristo Risorto tra tutto ciò che sta dietro di noi, nella nostra storia, in quella della Chiesa e del mondo, e tutto ciò che sta davanti a noi, alla nostra vita, nel futuro della Chiesa e dell'uomo. A questa domanda potremmo sinteticamente proporre una risposta che ci viene dalla liturgia: Gesù Risorto non annulla il passato di Israele ma ne risuscita la memoria facendo nel suo corpo glorioso l'unità tra ieri e domani, tra il ricordo e il desiderio, tra tradizione e libertà.
La celebrazione pasquale propone e attua una mirabile congiunzione tra la tradizione del passato e la libertà creativa del futuro. A noi sembra forse strano pensare che il futuro dell'uomo possa essere, in qualche modo, legato al passato. Siamo infatti tentati di credere, come tanti nostri contemporanei, che il domani sia un inizio assoluto che ha origine da noi stessi. Siamo, talora, tentati di pensare alla nostra libertà come ad un inizio autonomo che deve proiettarsi sulle cose, per trasformarle a propria immagine. Il passato è visto semplicemente come un tempo lontano, superato, da dimenticare, pieno di rimpianti di tristezze, o al massimo, come un cumulo di esperienze che fanno da sfondo alle conquiste dell'oggi e del domani. Se però guardiamo profondamente in noi stessi, ci accorgiamo che in realtà ci sono in noi sentimenti, pensieri, emozioni diverse ed opposte. Accanto a fremiti di autosufficienza c'è, in noi e nel mondo intorno a noi, affetto profondo per i genitori, riconoscenza per gli amici, stupore davanti ad un mistero più grande di noi. Se ci apriamo, anche soltanto come uomini, a comprendere queste cose, sentiamo che la nostra libertà non è un inizio assoluto. Essa ama programmare l'avvenire ma è, insieme, fedeltà ad una vita che ci è data, ad una storia che ci ha preceduto, a un compito che ci viene assegnato da un Altro più grande di noi. La nostra libertà è anche fedeltà ad un nome con cui Qualcuno ci ha chiamato: il nostro nome battesimale. Fedeltà ed affidamento ad un Padre che si è avvicinato a noi, si è rivelato nella storia, ci ha dichiarato il suo amore in Gesù, che accetta di morire distruggendo, così, la nostra morte. Fedeltà a dei fratelli che ci vengono affidati. Allora, con un movimento pieno di gioia e di fiducia, la nostra libertà di uomini aderisce con la fede a questi gesti nei quali Dio si è rivelato. Nell'adesione alla fede la nostra libertà ritrova le proprie radici e la forza di camminare verso il futuro, nel cammino della speranza. Noi ritroviamo il Risorto, il Vivente accanto a noi che fa da unità della nostra vita. Egli riempie il nostro presente di una dimensione di eternità capace di abbracciare cose, persone, situazioni, affetti, sofferenze del passato proiettandole, con amore e con fedeltà, verso un futuro più grande, un futuro certo, in cui non mancherà mai di essere al nostro fianco.

 DALLE OMELIE SULLA PASQUA DI BASILIO DI SELEUCIA

 È inesprimibile l'amore di Cristo per noi uomini: di molti doni ha arricchito la sua chiesa. Colui che è grande nel suo consiglio e potente nelle opere (Ger 39,19) ci ha riscattati dalla maledizione della Legge (GaI 3,13), ha liberato la natura dall'antico documento scritto del nostro debito. Sulla croce egli ha trionfato su colui che aveva ingannato [Adamo] per mezzo di un albero. Ha smussato il temibile pungiglione della morte. Quanti erano stati resi vecchi dal peccato, li ha rinnovati non con il fuoco ma con l'acqua. Della tomba che lo ha accolto per tre giorni, ha fatto la porta della resurrezione. Quanti erano estranei alla cittadinanza d'Israele (Ef 2,12) li ha resi concittadini dei santi e familiari di Dio (Ef 2,19). A coloro che erano estranei ai patti della promessa (Ef 2,12), ha consegnato i celesti misteri. A quanti erano senza speranza (Ef 2,12) ha fatto dono dello Spirito, caparra di salvezza. Quanti erano senza Dio in questo mondo, li ha resi templi della triade. Quanti un tempo erano lontani, non per il luogo, ma quanto al modo di vita, non in senso spaziale, ma per il pensiero, non quanto alla regione, ma quanto alla religione, li ha resi vicini con la croce salvifica, abbracciando quanti facevano resistenza. Proprio come dice il profeta: Chi mai ha udito cose come queste, e chi ne ha visto l'eguale (Is 66,8)? Tutti gli angeli stupiscono per il mistero. Tutte le potenze celesti tremano davanti al prodigio. Il trono non è rimasto vuoto, e il mondo è stato salvato. Dai cieli egli non si è allontanato, e la terra ha liberato. Non ha lasciato spoglio il seno del Padre, e ha spogliato l'ade. È rimasto immutabile, e si è rivestito di nuovi illuminati…
Guarda dunque, o neo-illuminato, di quali misteri sei stato reso degno. Per esperienza ne hai compreso il senso. Sei stato riscattato: non lasciarti di nuovo imprigionare. Hai fatto la tua rinuncia: non schierarti di nuovo [con Satana] sedotto con inganno. Hai sottoscritto il documento: preoccupati degli interessi; ti è stato affidato il talento: datti cura di farlo fruttare. Hai sperimentato le nozze, non render ti adultero con la bestemmia. Sei stato messo in libertà: non disprezzare il Liberatore come fosse uno schiavo. Hai indossato l'abito risplendente: risplendi nella tua coscienza. Hai deposto i tuoi modi naturali: non rattristare lo Spirito (Ef 4,30); infatti, annunciando il mistero del battesimo e la smisurata grazia del Crocifisso, il profeta già da tempo gridava: Egli vuole la misericordia (Mi 7, 18). Chi, o profeta? Il Cristo, che per misericordia si è fatto uomo. Lui, che senza aprire con il parto le porte verginali, lui stesso si volgerà e avrà pietà di noi (Mi 7, 19). "Volgendosi", ti ha infatti separato dall'inganno. "Ha avuto pietà" di te, perché sulla croce ha trionfato sul comune peccato, ha sommerso le nostre iniquità, poiché le mistiche acque del battesimo fanno scomparire i nostri peccati nelle profondità del mare. Pensa al fonte battesimale e annuncia la grazia: il battesimo è infatti somma di tutti i beni, purificazione del mondo, rinnovamento della natura, riscatto che si ottiene in breve, farmaco che si può assumere con facilità, umida realtà che brucia i peccati, spugna che monda la coscienza, abito che non invecchia con il tempo, grembo che genera senza passione, tomba che rigenera i sepolti, abisso che soffoca i peccati, elemento che è sepolcro del diavolo, sigillo che è baluardo per chi lo riceve, saldo avvocato davanti al giudice, fonte che estingue la Geenna, grazia che dà accesso alla cena del Signore, mistero antico e nuovo, già in ombra delineato sotto Mosè. A lui, il Cristo Dio nostro, la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
 

DALLE OMELIE SULLA PASQUA DELLO PSEUDO- CRISOSTOMO

Ben chiari sono i segni della resurrezione del Sovrano: è finito l'inganno, è stata bandita la gelosia, è stata calpestata la contesa, è onorata la pace ed è terminata la guerra. Non facciamo più lutto per Adamo, il primo uomo plasmato, ma diamo gloria al secondo Adamo. Non lanciamo più invettive contro Eva per la trasgressione, ma diciamo beata la Madre di Dio, Maria, non ci distogliamo più dall'albero, ma portiamo la croce del Signore; non abbiamo più paura del serpente, ma temiamo lo Spirito santo; non scendiamo più nella terra, ma ci slanciamo verso i cieli; non siamo più espulsi dal paradiso ma dimoriamo nel seno di Abramo (Lc I6,23); non sentiamo più parlare del tuo giorno come simile alla notte (Os 4,5), ma salmeggiamo spiritualmente: Questo è il giorno che ha fatto il Signore, esultiamo e allietiamoci in esso (Sal 117,24). Perché? Perché ora il sole non si oscura più; non viene più lacerato il velo del tempio, ma viene riconosciuta la chiesa; non portiamo più rami di palme, ma conduciamo i neo-illuminati.
2. Questo è il giorno che ha fatto il Signore (Sal II7,24), questo è il giorno e non un altro. Uno infatti è il Re, non una moltitudine di principi. Questo è il giorno: il giorno in senso proprio, il giorno dei trofei, il giorno che si suole dedicare alla resurrezione, il giorno che si fa bello della grazia, il giorno che distribuisce l'agnello razionale, il giorno che appresta il latte per i nuovi rigenerati, il giorno della divina economia per i poveri…
3. Questo è il giorno nel quale Adamo è stato liberato, ed Eva è stata affrancata dalla tristezza, il giorno nel quale la morte crudele ha tremato, il giorno nel quale si è dissolta, infranta, la potenza delle robuste rocce, sono stati tolti, spezzati, i chiavistelli dei sepolcri, il giorno nel quale i corpi dei morti di un tempo sono stati restituiti alla loro vita precedente, il giorno nel quale sono state vinte le leggi eternamente potenti e salde degli inferi, il giorno nel quale, alla resurrezione del Cristo sovrano, si sono aperti i cieli, il giorno nel quale la pianta rigogliosa e fruttifera della resurrezione è fiorita per la stirpe umana in tutto il mondo come in un giardino, il giorno nel quale sono spuntati i gigli dei neo-illuminati, il giorno nel quale si sono seccati i torrenti dei peccatori, il giorno nel quale è stato fiaccato il vigore del diavolo, il giorno nel quale sono state disperse le truppe dei demoni, il giorno nel quale è rimasta confusa la folla dei giudei, il giorno nel quale si allietano le schiere dei fedeli, il giorno nel quale rifioriscono i diademi dei martiri.
Questo giorno, dunque, lo ha fatto il Signore: esultiamo e allietiamoci in esso (Sal 117,24), per grazia del Cristo che, con la sua resurrezione, ha illuminato il mondo intero che giaceva nelle tenebre e nell'ombra di morte (Is 9,1; Mt 4,16), e con il quale sia al Padre, insieme al santo Spirito, gloria e adorazione nei secoli dei secoli. Amen.