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Che cosa vi è di più dolce per noi, fratelli carissimi, di questa voce del Signore che ci invita? Ecco, il Signore, nella sua bontà, ci mostra il cammino della vita. RB, Prol 19-20

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Monastero
Cistercense
Dominus Tecum

Omelia per la professione solenne di Fr. Alberto Maria

08/08/2014

Carissimo fratel Alberto,
hai chiesto di poter fare professione solenne, a lode di Dio e a servizio della Chiesa, in questo Monastero “Dominus Tecum”, dove la vita monastica è vissuta nello spirito dei santi Padri cistercensi, seguendo la Regola di San Benedetto. E’ con profonda gioia che questa comunità, con la quale già hai condiviso la vita da più di cinque anni, ti accoglie.

Hai potuto vedere e imparare principalmente due cose: la comunione fraterna e la preghiera. Ora ti impegni a custodirle e a trasmetterle a coloro che verranno dopo di te: non tanto con le parole, quanto nella verità della vita di tutti i giorni e nella fedeltà al Vangelo.
Il Signore ti fa la grazia di vivere questo momento nella festa di San Giovanni Apostolo, l’Evangelista dello sguardo e dell’amore fraterno, che fa sgorgare tutto il Vangelo dallo sguardo eterno del Figlio verso il Padre. Questo sguardo, è la vita del Dio che è Amore, un Amore che spinge il Figlio a farsi carne e a rimanere sempre con gli uomini. Questo è tutta la nostra vita, la quale è tanto più autentica e completa quanto più vive in se stessa questo unico movimento del Figlio.Sono le due cose che hai chiesto e che hai detto d’aver imparato – e che non si finiscono mai di imparare – in questa comunità: la preghiera, che è sguardo verso il Padre, e l’amore del Figlio e il silenzioso gemito dello Spirito, in ogni istante della tua giornata, qualsiasi cosa tu faccia. La Regola di San Benedetto ti dice d’aver sempre presente in te lo sguardo di Dio, che ti accompagna, ti attira, ti rialza, ti corregge e, piano piano, fa sgorgare in te quella sorgente di guarigione e di perfetta somiglianza con Gesù, che è l’umiltà. 

 Come il paralitico alla piscina di Betzatà, Gesù ti chiede: “Vuoi guarire?”, e ti offre non un acqua che freme, ma l’invito di prendere la tua barella e di camminare. Il Signore non lo si serve con grandi opere, ma con quello che si è, facendo sempre più pace con se stessi, perché sempre sotto lo sguardo di lui, che ci ama così come siamo. E questo ci guarisce e ci spinge a essere sempre più presenti ai nostri fratelli, come lui è presente a noi, amandoci come siamo e mettendosi al nostro servizio.La Regola di San Benedetto non ci chiede nulla di più, ma ci insegna a vivere queste due cose con una intensità che sempre deve crescere, per non spegnersi. Cercare Dio senza stancarsi, come il Verbo ha cercato l’uomo, fino al dono totale di se stesso, come la Sposa del Cantico cerca lo Sposo. A volte con l’inquietudine di Maria e Giuseppe, dopo il pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme; altre come i greci, che vogliono vedere Gesù; o come il salmista, che lo cerca fin dall’aurora… Senza mai stancarsi, senza mai voler cambiare obbiettivo, senza mai dire a se stessi: “L’ho trovato, e va bene così”.

La vita monastica non è monotona, anche se guardando lo svolgersi della giornata si potrebbe pensarlo, perché la corsa per trovarlo cambia continuamente panorama. A volte è il silenzio della cella, che può essere giardino o deserto; a volte è il canto in coro dove, come in una fornace, siamo purificati dalla musica, dai testi… e dai fratelli.
E lo cerchiamo nella vita comune, piena di gioia per l’affetto fraterno che ci circonda, ma anche con la croce del dono di tutta la nostra vita per i fratelli, i quali non ci permettono di conservare neanche qualche piccolo pezzetto della nostra vita per noi, perché sono il luogo in cui maggiormente serviamo il nostro Re e Signore. I fratelli sono il luogo dove la nostra obbedienza può divenire eroica, cioè sempre più simile a quella di Cristo Gesù, “che per noi si è fatto obbediente fino alla morte, e alla morte di croce”.

Tutte queste cose non sono che le “materie” nella scuola dell’amore e del servizio divino e, man mano che si cresce in questa vera sapienza, il cuore si dilata e la gioia di vivere prende possesso di tutte le nostre fibre. Questo è il nostro servizio al mondo: testimoniare che il Vangelo è una guida sicura per riuscire la vita, qualunque essa sia, e che le vere ricchezze non sono quelle che lasciamo, bensì quelle avvolte nella Luce che illumina ogni uomo che viene al mondo.
Carissimo fratello Alberto, queste cose le hai imparate durante gli anni vissuti con noi; ora, prima di ricevere la tua promessa, voglio ancora interrogarti davanti a tutti  i tuoi confratelli, i parenti e gli amici, perché occorre che tu faccia questo passo in una gioiosa libertà…