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Che cosa vi è di più dolce per noi, fratelli carissimi, di questa voce del Signore che ci invita? Ecco, il Signore, nella sua bontà, ci mostra il cammino della vita. RB, Prol 19-20

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Quaresima 2015 - Letture per la Settimana delle ceneri

19/02/2015

Dalle omelie sul digiuno di S. Basilio Magno
(Omelia 1)
"Suonate la tromba nel plenilunio, nostro giorno di festa" (Sal 80,4). Questa frase è un ordine del profeta. Essa risuona per noi più forte di qualunque tromba. E' più carica di significato di tutti gli strumenti musicali… Impariamo la grazia del digiuno dal profeta Isaia, che rifiuta il modo di digiunare dei giudei e ci mostra il digiuno autentico "Non digiunate fra litigi e alterchi… anzi rompete le catene inique" (Is 58,4.6). Il Signore è ancora più preciso, quando dice: "Non siate tristi, ma lavatevi il viso, profumatevi la testa" . Siamo, dunque, di buon umore, come abbiamo imparato. Nei prossimi giorni non dobbiamo esser tristi, ma prepariamoci con slancio, come conviene ai santi.
Nessuno, se scoraggiato, può essere incoronato vincitore. Nessuno, con un aspetto triste,  innalza un trofeo. Perciò non essere rattristato quando ti prendi cura della tua anima. Sarebbe sconveniente non gioire della salute. Non sarebbe conveniente affliggersi della privazione di cibo in questo tempo di quaresima. Sarebbe strano che quelli che si danno al piacere del ventre mostrino una gioia più grande di coloro che hanno cura della propria anima. La sazietà porta alla soddisfazione del ventre, il digiuno, invece, aumenta il profitto dell'anima.
Coraggio! Il medico ti da la cura che distrugge il peccato. Come i vermi che nascono nell'intestino dei bambini sono distrutti con medicine molto amare, così il peccato che si accovaccia nelle profondità dell'anima, è ucciso dal digiuno che penetra nell'anima stessa.
"Profumati la testa, lavati il viso" : la scrittura ti chiama ai misteri. Colui che è stato unto - il Cristo - dà l'unzione. Colui che è stato purificato - il Cristo al battesimo di Giovanni Battista - purifica. Ricevi questo precetto in senso spirituale. Purifica la tua anima dai suoi peccati; ungiti la testa dell'unzione santa perché tu divenga partecipe di Cristo. Con questi sentimenti avanza verso la quaresima.
Non sfigurare il tuo volto come gli ipocriti. Il volto è sfigurato quando la tua disposizione interiore è oscurata da una apparenza esteriore menzognera. L'anima, allora, è come ricoperta dal velo della finzione. L'ipocrita è colui che va a teatro con una maschera. Lo schiavo ha spesso il ruolo del padrone, l'uomo semplice quello del re. Così, in questa vita molti recitano, come su un palcoscenico, quello della loro esistenza. Agiscono nel loro cuore in un modo, ma si manifestano in modo diverso agli altri. Non sfigurare, dunque, il volto. Mostrati per quello che sei. Non fare un'espressione triste, cercando la gloria che viene da una apparenza mortificata. Non c'è nessun bisogno di mettere in mostra le proprie buone opere. Non c'è alcun profitto a dichiarare il proprio digiuno. Se esso è fatto per mettersi in mostra, non porta nessun profitto per la vita eterna.
Va dunque con slancio ad offrire il tuo digiuno. Questo è un dono antico che non invecchia, ma si rinnova senza fine e rifiorisce ogni volta che sboccia.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Dalle omelie sul digiuno di S. Basilio Magno
(Omelia 7)
Il mare tranquillo, che splende di luce viva, che scintilla e risponde con i suoi barbagli ai raggi per la levigatezza della sua superficie, è una visione dolce allo sguardo. Ma molto più piacevole è non solo vedere, ma anche intrattenersi a parlare con la Chiesa radunata come piace a Dio, libera da tumulti, misticamente illuminata dalla luce divina, quando risponde a quella luce levandosi con le proprie ali, e tende in alto le mani, gli occhi, ogni sensazione ed ogni intendimento.
Poiché dunque quest’oggi la grazia dello Spirito m’ha concesso questa amabile visione e voi tutti siete presenti, dopo aver trascorso insieme notte e giorno nel tempio di Dio, ed è possibile ora vedervi qui con il vostro impegno incessante, come alberi sovramondani, piantati presso i corsi delle acque dello Spirito, orsù, anch’io coopererò, per quanto posso, alle irrigazioni che da esso provengono. E come voi alle preghiere del mattino aggiungete le preghiere del giorno, così anche noi, per quanto lo concedono le circostanze, all’istruzione del mattino aggiungeremo quella della sera, per mostrarvi in modo più chiaro i raggiri attraverso i quali il nemico della nostra salvezza cerca con tutti i mezzi di vanificare non solo il digiuno, ma anche la nostra preghiera.
Dunque, fratelli, c’è un’altra sazietà ed un’altra perversa ubriachezza, che non provengono dai cibi, né dalle bevande e dalla dissolutezza che ne derivano, ma dall’ira contro il prossimo, dall’odio e dal rancore e dai mali che ne provengono. Su di essi anche Mosè, nel suo cantico, dice: “Veleno di serpenti il loro vino, e micidiale veleno di vipere”. Per questo il profeta Isaia afferma: “Guai, a coloro che s’ubriacano senza vino” e di nuovo egli stesso esorta dicendo: “Non digiunate per litigare”. Ma anche contro coloro che digiunano così dice, come da parte del Signore: “Se pieghi come un anello il tuo collo, neppure così chiamerete gradito il digiuno”, e “se moltiplicherete la vostra preghiera, non vi darò ascolto”. Ed ancora: “Quando tendete le vostre mani verso di me, distoglierò i miei occhi da voi”.
Quindi il diavolo cerca di suscitare in coloro che pregano e che praticano il digiuno questa ubriachezza che proviene dall’odio, la quale più di tutto è causa dell’allontanamento da Dio, abbassa la memoria delle colpe, muove i ragionamenti alla memoria dei mali ed inasprisce la lingua alla maldicenza.
Ma noi, fratelli, nel tempo del digiuno e della preghiera, perdoniamo di cuore, vi prego, se abbiamo veramente o riteniamo d’avere qualcosa contro qualcuno, e diventiamo tutti dell’amore, pensando meglio gli uni degli altri, per spronarci all’amore ed alle opere buone, parlando bene l’uno dell’altro, riflettendo in noi stessi e pensando ad opere buone di fronte a Dio ed agli uomini, perché in tal modo possiamo digiunare il digiuno degno di lode e privo di biasimo, affinché così le nostre richieste siano bene accette a Dio e possiamo invocarlo convenientemente per grazia come padre, potendogli dire liberamente: “Padre, rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Dalle omelie sul digiuno di S. Basilio Magno
(Omelia 7)
Oltre all’odio, c’è un altro modo fratelli in cui, colui che s’insinua nelle nostre deliberazioni, vanifica la nostra preghiera ed il nostro digiuno: la superbia. Per il fatto d’avere la superbia anche il fariseo, pur digiunando e pregando, fu rimandato a mani vuote. Ma noi, sapendo che ogni superbo è impuro e non accetto presso Dio, essendo consapevoli che anche noi siamo debitori a Dio di molte e grandi cose e che poco restituiamo del nostro debito, e di quelli precedenti ci dimentichiamo come fossero nulla, mentre tendiamo ad acquisirne di nuovi nel futuro, pratichiamo il digiuno e preghiamo con cuore contrito, accusando noi stessi e con umiltà, perché il nostro digiuno, ed il venire e rimanere nel tempio di Dio siano puri e benaccetti a Dio.
Un altro modo in cui il maligno rende senza profitto lo sforzo che noi facciamo per digiunare e pregare è di persuaderci a compiere queste pratiche per vanità ed ipocrisia. Perciò il Signore di nuovo nel Vangelo ci esorta dicendo: “Entra nella tua stanza, e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto, e il Padre tuo che vede nel segreto, ti darà una ricompensa sotto gli occhi di tutti”.
Non dice queste parole ordinando di richiedere delle funzioni, delle preghiere e delle salmodie nel tempio; infatti il profeta salmista non pensava certo a lui quando disse: “In mezzo all’assemblea ti loderò, ti celebrerò tra i popoli, Signore, ti celebrerò tra le nazioni”, ti rivolgerò le mie preghiere di fronte a coloro che ti temono, Signore”; ed a noi: “Nelle assemblee benedite il Signore”, e “venite qui, adoriamo, mettiamoci in ginocchio e piangiamo dinanzi al Signore Dio nostro”.
Il Signore insegna pure che il risveglio per pregare in solitudine nelle nostre case e nelle stesse camere da letto rafforza la preghiera a Dio nelle chiese, e che quella interiore, nel pensiero, rafforza quella attraverso le labbra; infatti colui che vuole pregare soltanto quando giunge al tempio di Dio, ed invece a casa, per le strade e per le piazze non si dà alcun pensiero di pregare, non riesce veramente a pregare neppure quando è presente nel tempio di Dio.
Anche il salmista indica questi aspetti quando dice: “E’ ben disposto il mio cuore, Dio”, ed aggiunge: “Intonerò canti e salmi nella mia gloria” ed altrove: “Se mi ricordassi di te nel mio letto, se pensassi a te nelle veglie notturne”. Ma dice anche: “Quando digiunate, non siate scuri in volto, come gl’ipocriti: infatti essi deturpano la loro faccia, per mostrare agli uomini che digiunano; in verità, in verità vi dico che sono lontani dalla loro ricompensa; tu invece, quando digiuni, ungiti il capo… ed il Padre tuo, che vede nel segreto, ti darà una ricompensa manifesta”.
O che incomparabile filantropia! Con queste parole ora il Signore ci ha manifestato la sua distinzione nel futuro giudizio, perché qui scegliamo di dare il voto alla parte migliore. Contro quelli che vivono per la vanagloria e non per lui, egli dirà allora, in modo conseguente con le parole da noi citate prima: “Avete ricevuto la vostra ricompensa nella vostra vita”, come anche Abramo disse a quel ricco nel fuoco: “Hai ricevuto i tuoi beni nella tua vita”. A coloro che guardano al lui nell’esercizio delle virtù, dice che “darà una ricompensa manifesta”, cioè ricompenserà in quel teatro universale con una benedizione, un’eredità, una delizia ed un godimento puro ed eterno. 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Dagli “Scritti” di  Paolo Evdokimow
Le forme particolari dell'ascesi riflettono l'epoca che attua tale ascesi e si adattano alla sua mentalità. Nelle condizioni della vita moderna, sotto il peso del sovraffaticamento e dell'usura nervosa, la sensibilità si trasforma. La medicina protegge la vita e la prolunga, diminuendone al tempo stesso la resistenza alle sofferenze ed alle privazioni.
L'ascesi cristiana non è mai stata fine a se stessa, è soltanto un mezzo, un metodo a servizio della vita, e come tale cercherà di assuefarsi alle nuove necessità. Un tempo l'ascesi dei Padri del deserto imponeva digiuni e privazioni intense ed estenuanti; oggi la lotta si sposta… La mortificazione del nostro tempo consisterà nella liberazione dal bisogno di stupefacenti: fretta, rumore, eccitanti, droga, alcolici di tutti i generi. L'ascesi consisterà più che altro nel riposo imposto, nella disciplina della quiete e del silenzio, dove l'uomo ritrova la facoltà di concentrarsi per la preghiera e la contemplazione, perfino in mezzo a tutti i rumori del mondo, nella metropolitana, fra la folla, ai crocicchi di una città; ma più di ogni altra cosa, l'ascesi consisterà nella facoltà di comprendere la presenza degli altri, gli amici di ciascun incontro.
Il digiuno, all'opposto della macerazione inflitta, sarà la rinuncia gioiosa al superfluo, la sua spartizione con i poveri, un equilibrio sorridente, spontaneo, pacato. Al di là della ascesi fisica e psicologica del Medio Evo si dovrebbe ricercare l'ascesi escatologica tipica dei primi secoli, cioè quell'atto di fede che faceva dell'essere umano nella sua complessità l'attesa gioiosa della Parusia, l'attesa non tanto cronologica, quanto qualitativa, che sa discernere il termine ultimo ed unico, in quanto, secondo il Vangelo, il tempo è breve e «lo  Spirito e la Sposa dicono: Vieni! ».
In questo modo, l'ascesi si trasforma in attenzione ai richiami del Vangelo, alla scala delle beatitudini; cercherà l’umiltà e la purezza del cuore, al fine di liberare il proprio prossimo e restituirlo a Dio. In un mondo affaticato, schiacciato dalle preoccupazioni e dagli affanni, che vive a ritmi sempre più frenetici, il compito è di trovare e vivere «l'iniziativa spirituale» che conduce a sedersi alla tavola dei peccatori, a benedire ed a spezzare il pane insieme con loro... Nessuna ascesi, priva dell'amore, avvicina a Dio: «Noi saremo giudicati per il male che abbiamo compiuto, ma soprattutto per il bene che abbiamo omesso e perché non amiamo il nostro prossimo», dice san Massimo. Oggi l'ascesi nella vita spirituale protegge lo spirito dal dominio del mondo e raccomanda di «vincere il male creando il bene». Ne consegue che l'ascesi non rimane nient'altro che un mezzo, che una strategia. L'uomo può suscitare un'atmosfera morbosa, allucinante, in cui vede ovunque il male ed il peccato. Ora, l'ascesi evangelica trascina non tanto per eccesso di paura, quanto per eccesso d'amore traboccante di tenerezza cosmica.
Santa Dorotea offre una bella immagine della salvezza sotto forma di un cerchio il cui centro è Dio e la cui circonferenza è formata a tutti gli uomini. Più ci si avvicina al centro - Dio - più i raggi del cerchio, il prossimo, si avvicinano gli uni agli altri. Sant'Isacco diceva al suo discepolo: «Ecco, fratello, un comandamento che ti affido: la misericordia trabocchi sempre dalla tua bilancia, fino al momento in cui sentirai in te tesso la misericordia che Dio prova per te e per il mondo».