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Che cosa vi è di più dolce per noi, fratelli carissimi, di questa voce del Signore che ci invita? Ecco, il Signore, nella sua bontà, ci mostra il cammino della vita. RB, Prol 19-20

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Quaresima 2015 - Letture per la II Settimana

19/02/2015

Dall’ “Introduzione alla vita devota” di S. Francesco di Sales
(Parte II°, cap. I-II)
Poiché l’orazione illumina l’intelletto con la chiarezza della luce di Dio e scalda il cuore al calore dell’amore celeste, nulla l’eguaglia nel purificare l’intelletto dall’ignoranza e il cuore dagli affetti disordinati; è un’acqua di benedizione che fa rinverdire e rifiorire le piante dei nostri buoni desideri, monda le anime dalle imperfezioni e attenua nei cuori l’ardore delle passioni. Ma più di ogni altra, Filotea, ti consiglio l’orazione mentale, che impegna il cuore a meditare sulla vita e la passione di Nostro Signore: se Lo contempli spesso nella meditazione, il cuore e l’anima ti si riempiranno di Lui; se consideri il suo modo di agire, prenderai le sue azioni a modello delle tue. È Lui la luce del mondo: è dunque in Lui, da Lui e per mezzo di Lui che possiamo essere illuminati e trovare la chiarezza; è l’albero del desiderio all’ombra del quale dobbiamo rinfrescarci; è la fontana viva in Giacobbe che lava tutte le nostre iniquità.
 I bambini, a forza di ascoltare le mamme e balbettare dietro loro, imparano la loro lingua; avverrà lo stesso per noi se ci terremo vicino al Salvatore con la meditazione: osservando le sue parole, le sue azioni e i suoi affetti, impareremo, con il suo aiuto, a parlare, agire e volere come Lui. Fermiamoci qui, o Filotea, e credimi: non possiamo raggiungere il Padre che passando per questa porta. Come il vetro di uno specchio non potrebbe chiudere la nostra visuale se dietro non fosse ricoperto di stagno o di piombo, allo stesso modo, la divinità non potrebbe essere da noi contemplata in questo mondo, se non si fosse unita alla sacra umanità del Salvatore, la cui vita e morte costituisce il soggetto più adatto, piacevole, dolce e utile che ci sia dato per la meditazione ordinaria. Non per nulla il Salvatore si chiama il pane disceso dal cielo; come il pane può essere mangiato con ogni sorta di vivande, così il Salvatore può essere meditato, considerato e cercato in tutte le nostre orazioni e azioni… Se mentre sei impegnata nell’orazione vocale, senti il cuore attirato all’orazione interiore o mentale, non resistere, lascia dolcemente scivolare il tuo spirito e non darti pensiero perché non hai finito le orazioni vocali che ti eri proposta; l’orazione mentale compiuta al loro posto è più gradita a Dio e più utile alla tua anima. Faccio eccezione per l’Ufficio divino, se sei tenuta a dirlo; in tal caso si tratta di un dovere da compiere.
Mettiti alla presenza di Dio: Dio è in tutto e dappertutto e non c’è luogo o cosa in questo mondo che non manifesti la sua presenza. Noi siamo simili agli uccelli che sono circondati dall’aria ovunque indirizzino il loro volo: ovunque andiamo o ci fermiamo Dio ci è presente. Tutti sanno questa verità, ma non tutti sono attenti a prenderne coscienza… Noi siamo così, Filotea: pur sapendo che Dio è presente, non lo vediamo; è la fede che ci ricorda la sua presenza. Non vedendolo materialmente con gli occhi ce ne dimentichiamo molto spesso e ci comportiamo come se Dio fosse molto lontano. Sappiamo bene che è presente in tutte le cose, ma non ci pensiamo, ed è quindi come se non lo sapessimo… Pensa che non soltanto Dio è presente nel luogo in cui ti trovi, ma in modo particolare è presente nel tuo cuore e nel profondo del tuo spirito, ai quali dà vita e forza, quale cuore del tuo cuore e spirito del tuo spirito. Come l’anima infatti è diffusa in tutto il corpo e presente in ogni parte di esso e tuttavia ha nel cuore la sua sede privilegiata, similmente Dio, pur essendo presente dappertutto, sceglie la sua sede particolare nel nostro spirito: per questo Davide chiamava Dio, il Dio del suo cuore, e S. Paolo diceva che noi viviamo, ci muoviamo e siamo in Dio.
Pensando a questa verità, procurerai di avere nel tuo cuore un grande rispetto per Dio, perché ivi è presente in modo particolare.
 

 

 

 


 

 

 

 

Dall’ “Introduzione alla vita devota” di S. Francesco di Sales
(Parte II°, cap. VIII-IX)
Uscendo dalla meditazione, Filotea, devi portare con te soprattutto i propositi e le decisioni prese, per metterle in pratica immediatamente, nella giornata; è questo il frutto irrinunciabile della meditazione. Se manca, non soltanto la meditazione è inutile, ma spesso anche dannosa perché le virtù meditate, ma non praticate, gonfiano lo spirito di presunzione e finiamo per credere di essere quello che ci eravamo proposto di essere: noi potremo diventare come ci siamo proposti di essere soltanto quando i propositi saranno pieni di vita e solidi, non quando sono fiacchi e inconsistenti e quindi destinati a non venire attuati. Occorre, con ogni mezzo, fare sforzi per metterli in atto, approfittando di tutte le occasioni sia piccole che grandi: se ho preso la risoluzione di conquistare con la dolcezza il cuore di coloro che mi offendono, cercherò, nel corso della giornata, di incontrarli per salutarli amabilmente. Uscendo dall’orazione che ha impegnato il cuore, devi fare attenzione a non provocargli scosse, rischieresti di rovesciare il balsamo raccolto con l’orazione. Intendo dire che, possibilmente, devi rimanere un po’ in silenzio e riportare per gradi il tuo cuore dall’orazione agli affari, conservando il più a lungo possibile i sentimenti e gli affetti fioriti in te. Un uomo che ha ricevuto in un bel vaso di porcellana un liquore di gran pregio da portare a casa, cammina con attenzione, senza voltarsi di lato, ma guarda solo davanti a sé, per paura di inciampare in un sasso o mettere un piede in fallo e tiene contemporaneamente d’occhio il vaso per non rovesciarlo. Tu devi fare la stessa cosa uscendo dalla meditazione: non distrarti di colpo, ma guarda soltanto davanti a te: ossia se devi incontrare qualcuno e prestargli attenzione, fallo pure, adattati alla necessità, ma senza perdere di vista il tuo cuore, perché il liquore prezioso dell’orazione si perda il meno possibile…
Se ti capita, o Filotea, di non provare alcuna attrattiva né alcuna consolazione nella meditazione, ti prego di non agitarti, ma apri la porta alle preghiere vocali: lamentati di te stessa con Nostro Signore, confessa la tua indegnità, pregalo di aiutarti, bacia la sua immagine, rivolgigli le parole di Giacobbe: “Io non ti lascio, Signore, finché tu non mi abbia benedetto” o quelle della Cananea: “Sì, Signore, io sono un cane, ma i cani mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei padroni”. Altre volte prendi un libro e leggilo con attenzione fino a che il tuo spirito si riprenda pienamente. Qualche volta sprona il cuore con atti e movimenti di devozione esteriore: prostrati per terra, metti le mani in croce sul petto, abbraccia il Crocifisso.
E se, dopo tutto ciò, sei come prima, per quanto grande sia la tua aridità, non avvilirti, ma rimani con devoto contegno davanti a Dio. Quanti cortigiani, nel corso dell’anno, fanno cento volte l’anticamera del principe senza speranza di potergli parlare, ma soltanto per essere visti da lui e compiere il loro dovere. Così, mia cara Filotea, noi dobbiamo recarci all’orazione semplicemente per compiere il nostro dovere e dimostrare la nostra fedeltà. Che se poi piace alla divina Maestà di rivolgerci la parola e fermarsi con noi con le sue sante ispirazioni e consolazioni interiori, questo sarà per noi un grande onore e motivo di un piacere delizioso. Ma se non ci fa questa grazia, non rivolgendoci la parola, come se non ci vedesse e come se non fossimo alla sua presenza, non per questo dobbiamo andarcene, anzi, al contrario, dobbiamo rimanere lì, davanti alla somma Bontà, con un contegno devoto e sereno. Gradirà molto la nostra pazienza e noterà la nostra fedeltà e la nostra perseveranza; e quando ritorneremo davanti a Lui, ci favorirà e si fermerà con noi con le sue consolazioni, facendoci assaporare tutto il fascino dell’orazione. Ma anche se non dovesse farlo, accontentiamoci, Filotea: è già un grandissimo onore trovarci presso di Lui, al suo cospetto.
 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

Dall’ “Introduzione alla vita devota” di S. Francesco di Sales
(Parte II°, cap. XII-XIII)
Cara Filotea, durante il giorno mantieniti alla presenza di Dio, dà uno sguardo all’azione di Dio e alla tua. Scoprirai che Dio ha sempre gli occhi rivolti verso di te e ti guarda con infinito amore. Tu dirai allora: O Dio, perché anch’io non ti guardo senza stancarmi, come tu guardi me? Perché tu pensi tanto a me e io così poco a Te? Dove ci troviamo, anima mia? Il nostro posto è in Dio, ma noi, dove ci troviamo? Allo stesso modo che gli uccelli hanno i nidi sugli alberi per potercisi rifugiare quando ne sentono il bisogno, e i cervi hanno i loro cespugli e i loro rifugi, dove si raccolgono e si mettono al riparo, godendosi il fresco e l’ombra in estate, così, o Filotea, il nostro cuore, ogni giorno, deve cercare e trovare un posto per potersi, all’occorrenza, raccogliere: o sul Calvario, o nelle piaghe di Nostro Signore, o in qualche luogo vicino. Potrà quivi sostare e ritemprarsi, pur tra le occupazioni esteriori, e difendersi, se necessario, come in una fortezza, dalle tentazioni. Beata l’anima che in tutta sincerità potrà dire al Signore: “Tu sei il mio rifugio, il mio bastone di sicurezza, il tetto contro la pioggia, l’ombra che mi difende dal caldo”.
Ricordati sempre, Filotea, di raccoglierti spesso nella solitudine del tuo cuore, mentre materialmente ti trovi coinvolta nelle conversazioni e negli affari. Quella solitudine mentale non deve in alcun modo essere impedita da quelli che ti stanno intorno, infatti non si trovano intorno al tuo cuore, ma al tuo corpo; il tuo cuore può rimanere in solitudine in compagnia di Dio. Questo esercizio lo faceva anche Davide in mezzo a tutte le occupazioni, come ci risulta da un’infinità di passi dei Salmi, come, quando dice: “Signore, io sono sempre con Te. Vedo il mio Dio costantemente davanti a me. Ho alzato gli occhi verso di te, mio Dio, che abito in Cielo. I miei occhi sono sempre in Dio”. I genitori di Santa Caterina da Siena le avevano tolto ogni comodità di luogo e di tempo per pregare e meditare; Nostro Signore le ispirò di farsi un piccolo oratorio spirituale nella propria anima, nel quale si raccoglieva mentalmente e così, pur in mezzo a tutte le occupazioni esteriori, poteva consacrarsi a quella santa solitudine di cuore… Raccogli dunque qualche volta il tuo spirito nel tuo cure e lì, isolata dagli altri, potrai parlare con Dio, cuore a cuore, della tua anima e dirai con Davide: “Ho vegliato e sono stato simile al pellicano nella solitudine; come un uccello notturno o un gufo tra le macerie, o come il passero solitario sul tetto”…
Ci raccogliamo in Dio perché aspiriamo a Lui e aspiriamo a Lui per poterci in Lui raccogliere, di modo che l’aspirazione a Dio e il raccoglimento spirituale si sostengono a vicenda, ed entrambi hanno origine e nascono dai buoni pensieri. Aspira dunque spesso a Dio, Filotea, con slanci del cuore brevi ma ardenti: canta la sua bellezza, invoca il suo aiuto, gettati in ispirito ai piedi della croce, adora la sua bontà, interrogalo spesso sulla tua salvezza, donagli mille volte al giorno la tua anima, fissa i tuoi occhi interiori sulla sua dolcezza, tendigli la mano come fa un bambino con il papà, perché ti guidi; mettilo sul petto come un profumato mazzo di fiori, innalzalo nella tua anima come uno stendardo e conduci il tuo cuore in mille modi alla ricerca dell’amore di Dio, e scuotilo perché giunga ad un appassionato e tenero amore per questo Sposo divino… Nel raccoglimento spirituale, come in questi slanci interiori, si operano soltanto piccole e brevi interruzioni che non nuocciono a quello che stiamo facendo, ma anzi sono di giovamento. Il pellegrino che prende un sorso di vino per sollevare il cuore e rinfrescare la bocca, benché per fare questo sosti un po’, non si può dire che interrompa il viaggio, anzi recupera le forze per poi portarlo a termine con più celerità e maggior facilità; si ferma per poter proseguire più speditamente.