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A Dio, non a sé, attribuire il bene di cui ci si riconosce capaci. RB 4,42

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Lettera di S.Paolo ai Filippesi II

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 04/03/2009

Filippesi 1, 5-6

"A motivo della vostra cooperazione alla diffusione del vangelo dal primo giorno fino al presente, 6 e sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù."

Perché Paolo ringrazia e loda il Signore a causa dei filippesi?
La sua gioia viene dal fatto che c'è per lui e i suoi amici “una comunione nel vangelo”, frase che vuol significare sia la comune tensione, lo sguardo comune verso il vangelo (c'è una preposizione di moto a luogo che indica un movimento) che crea una unità, - vangelo inoltre spesso può significare la stessa persona di Cristo, e in ogni caso, tutta l'opera di salvezza, dono di Dio all'uomo, - sia la collaborazione fraterna nell'opera della salvezza.
Paolo nella sua attività faticosa e pericolosa non è solo, la Chiesa è con lui e i filippesi incarnano questa solidarietà con l'apostolo. Alla fine della lettera dirà che questa solidarietà è stata anche materiale, ma la sua gioia non viene dal fatto di aver ricevuto da loro, ma da ciò che essi rappresentano. Infatti ai Corinzi sottolinea bene che da loro per sé non ha voluto ricevere nulla.
Questo ci fa comprendere che anche noi siamo chiamati a collaborare all'evangelizzazione e alla comunione ecclesiale. I grandi evangelizzatori d'oggi, come di sempre, vivono una comunione con noi e con il vangelo, letto, ascoltato, pregato e vissuto, ognuno secondo la sua vocazione; il Vangelo ci unisce a tutti in una sorgente che è per tutti sorgente di gioia. Gioia della comunione nella Chiesa: é qualcosa a cui forse non pensiamo abbastanza. Gioia e sofferenza per l'opera e la persecuzione dei nostri fratelli e sorelle che attraversano le strade del mondo intero e per quelli che nel nascondimento mettono in pratica il vangelo come quello d'oggi (Lc 9,22-25).
Tutto questo non è questione di un momento, di un giorno, di un tempo limitato. Ciò che abbiamo cominciato il primo giorno, quello del battesimo, dell'inizio della fede, della conversione a Cristo o per lo meno dall'entrata in monastero, fino al presente, abbiamo fiducia che il Signore, che ha iniziato in noi questa vita, che è buona e non inutile, la porterà fino al giorno di Cristo, cioè quando consegneremo la nostra anima, il nostro corpo, abbandonando tutte le cose transitorie, di cui la nostra povertà attuale è solo un piccolissimo segno, nelle sue mani, e Gesù sarà tutto in tutti.
Quello che dobbiamo sperare e chiedere è questa perseveranza fino alla fine, sia nell'accogliere la grazia e nell'acconsentire al cammino che essa traccia per noi, sia nella generosa risposta sempre più desiderosa di totalità attraverso la vita secondo la Regola, fino al giorno di Cristo Gesù. “Insegnaci a contare i nostri giorni” dice il salmo, “e giungeremo alla sapienza del cuore”, quando riconosciamo davvero che solo Lui è la vita.
La quaresima ci insegna a fare questo cammino di spogliamento per imparare che attraverso le cose e spogliandoci delle cose, giungiamo al dono totale al Cristo e del Cristo a noi. E la comunione nel Vangelo sarà perfetta con Lui e con tutti.