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A Dio, non a sé, attribuire il bene di cui ci si riconosce capaci. RB 4,42

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Lettera di S.Paolo ai Filippesi IV

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 06/03/2009

Filippesi 1,9

"perciò prego che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento,"

Dopo aver parlato del suo affetto per i filippesi, Paolo passa a stimolare la loro carità, non con precetti morali, doveri, pratiche imposte, ma con la preghiera: “Prego che la vostra carità si arricchisca”. Paolo ha già fatto capire che non mette in dubbio lo zelo e quindi la carità dei suoi amici, ma la carità non ha limiti e confini e la preghiera dell'apostolo è lievito per la crescita della carità dei filippesi.
Prima di pretendere la perfezione degli altri c'è la preghiera, perché la vera carità non è cosa umana, ma divina e solo la preghiera apre i cuori all'accoglienza di quell'amore che è Dio stesso. Dicendo “prego per voi” certo non li dispensa dal chiedere anche loro la carità, che il loro cuore si allarghi per ricevere in abbondanza e senza limiti il dono dalla grazia.
Nella successione delle parole di questo versetto: la carità arricchisce la riconoscenza, è una azione continua e non solo un fatto di un momento. La carità agisce, e il desiderio di Paolo è che sia “di più in più”, in modo che la conoscenza, la relazione con Cristo, la comunione con lui sia profonda, e questo dona una visione del mondo e delle cose diversa. Più amiamo Gesù, più abbiamo una conoscenza delle cose, del mondo, degli uomini, e possiamo esercitare con buon frutto, la madre di tutte le virtù, che è il discernimento.
Comprendiamo che Paolo non vuole in noi una capacità di giudizio, di valutazione sedicente obbiettiva ma uno sguardo d'amore che fa “capire”.
Ricordiamo la frase del Piccolo Principe: “non si conosce che con il cuore”. Naturalmente non parlo di conoscenza teologica, scientifica o d'altro genere, ma di quella conoscenza di Dio o dei fratelli che ci unisce a loro, che fa sì che quando dico “Tu” non parlo solo di uno schema senza vita, ben descritto, perfettamente analizzato, ma estraneo a me, è la differenza tra esegesi e la lectio.
La carità dunque fa crescere la conoscenza e la conoscenza vivificata della carità permette il discernimento con cui incontro le persone, faccio le mie scelte, dono la mia vita. “Perché possiate distinguere sempre il meglio” dice Paolo, non certo un meglio egoista, ma quel meglio che alla luce del sole non mostra macchia (così dice la parola greca tradotta con “integri”) e senza peccato, senza inciampo nella corsa verso il giorno di Cristo, verso l'abbraccio che ci unisce totalmente a lui.
É chiaro che Paolo, così è nella sua teologia, non chiede ai filippesi di fare qualcosa che li faccia crescere, ma prega che la carità, -dono di Dio- li trasfiguri in modo che il cammino della loro vita sia una vera corsa verso il Cristo, “con il cuore dilatato” come dice la Regola di san Benedetto.
Questo deve essere lo spirito della nostra quaresima: non nel fare grandi sforzi e ascesi otterremo l'amore di Cristo ma, lavorati della carità suprema, rinunciamo non alle cose, ma a noi stessi e questo potrà trovare un segno nelle rinunce e negli sforzi materiali.