Logo Dominustecum

Tutti gli ospiti che giungono al monastero siano accolti come Cristo poiché un giorno il Nostro Signore ci dirà: Ero forestiero e mi avete ospitato. A tutti si renda il dovuto onore RB 53,1

fotogallery
Monastero
Cistercense
Dominus Tecum

Lettera di S.Paolo ai Filippesi XI

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 18/03/2009

filippesi 1, 25-26

"Per conto mio, sono convinto che resterò e continuerò a essere d’aiuto a voi tutti, per il progresso e la gioia della vostra fede, perché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo, con la mia nuova venuta tra voi."

Paolo ha fatto le sue scelte: fra ciò che è meglio per lui e ciò che desidera con tutto il cuore (essere con Cristo), e il bene della Chiesa, sceglie il bene della Chiesa.
Naturalmente non è lui a decidere: è nelle mani del Signore, ma sa che questa scelta è conforme alla volontà del Signore e vi aderisce con tutta la sua volontà. Per questo rimarrà, non per sopravvivere e per avere una vita più lunga, ma per rimanere presso di loro, per loro, per la loro crescita.
Paolo non si limita a dire che rimarrà, ma riprende lo stesso verbo con una preposizione che indica presso e in favore, affinché i filippesi progrediscano nella fede e nell'adesione al Vangelo fino alla perfezione. Paolo si sente padre inquieto per i suoi figli. Se li lascia orfani troppo presto non potranno crescere armoniosamente, radicarsi nei valori della fede in modo perfetto, rischiando di perdere ciò che hanno acquistato e per cui Paolo ha tanto faticato. C'è qui una confessione d'affetto e d'inquietudine. È come se dicesse: non posso andarmene con Cristo finché non vi so saldi nella fede che vi ho annunciato; ma non basta: per la perfezione delle opere occorre che questa fede sia generosa, il che comporta una grande purificazione del cuore.
Non basta credere, occorre che tutto il nostro essere aderisca in modo totale a questa fede che si apre a un orizzonte di gioia. Qui la gioia è legata alla fede, altrove alla speranza e poco prima ha detto che la sua gioia è legata alla diffusione del Vangelo. La gioia lancia in avanti, non è qualcosa che si assapora seduti in poltrona. Come diceva questa mattina Elredo: certe gioie sono talmente brevi che si risolvono in un disastro, in un male insuperabile. Non sono vere gioie, ma una sensazione superficiale di piacere o benessere che non ha futuro o peggio ha un futuro di sofferenza.
La gioia della fede è invece crescita fino alla perfezione, è salda nella speranza e dà frutti di carità e di diffusione della Buona Novella, anche se non si parte a predicare nelle piazze. Paolo conclude dicendo che un suo possibile ritorno fra di loro -ciò che spera- e la presenzia in mezzo a loro per perfezionare l'annuncio del Vangelo, la fede viva e il comportamento dei filippesi, sarà per loro sorgente di una grande gloria in Cristo Gesù.
La crescita nella fede, nella comunione fraterna e con Paolo, e dunque con Gesù, è la vera gloria dei cristiani. La Chiesa di Filippi è buona, ma fragile, è solo ai primi passi nella vita cristiana. Ci può essere entusiasmo, fervore ma senza una ripetuta presenza dell'apostolo non è pronta per la perfezione; ci possono essere il sorgere di divisioni o l'inesatta conoscenza della vera fede che farebe sorgere eresie e contestazioni.
La Chiesa di Filippi è ancora “novizia” e ha bisogno ancora di formazione prima di affrontare generosamente il combattimento per il Vangelo. Per questo comprendiamo come, a causa dell'intenso suo amore paterno Paolo vuole rimanere sulla terra e chiede al Signore di rimandare quella gioia, attesa con fuoco appassionato, dell'incontro e della comunione con Lui. Come dice la Regola di san Benedetto: che Dio ci conduca tutti insieme alla vita eterna.