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Dominus Tecum

Lettera di S.Paolo ai Filippesi XII

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 23/03/2009

filippesi 1, 27

"Soltanto però comportatevi da cittadini degni del vangelo, perché nel caso che io venga e vi veda o che di lontano senta parlare di voi, sappia che state saldi in un solo spirito e che combattete unanimi per la fede del vangelo, "

Dopo le varie riflessioni sulla sua vita e sulla sua morte e delle implicazioni di entrambe, Paolo ritorna all'essenziale, quel “soltanto” mostra che l'attenzione dei filippesi deve essere ben orientata e che la vera preoccupazione deve essere di vivere una vita “degna del Vangelo”.
Nella parola che Paolo usa c'è un senso importante di comunità. La parola “politica” è presente: cioè il Vangelo non è solo un complesso di virtù da vivere individualmente, ma la vita della Chiesa, come ogni vita comune, quindi anche la nostra, deve essere degna, all'altezza, corrispondente al Vangelo. Non solo i singoli devono essere virtuosi e santi, ma anche la vita comunitaria.
Questo nei secoli è stato dimenticato. Il Vangelo è certo la carità divina che si è offerta agli uomini in Cristo, fino alla morte e alla morte di croce -cosa che sarà il tema del capitolo 2-, ma è anche umiltà del Cristo che non è venuto a essere servito, ma a servire. É la povertà del Cristo, che da ricco che era si è fatto povero per arricchirci. É la misericordia divina e il perdono senza limiti (settanta volte sette). É l'annuncio in tempo opportuno e inopportuno, è il cammino nella fede, l'obbedienza di Gesù che si rispecchia nell'umile e totale obbedienza di Maria. Tutte queste cose non sono vissute solo dai singoli, ma è la stessa comunità che si confronta col Vangelo, che sceglie la politica del Vangelo, che ha come carta costituzionale il Vangelo di cui la nostra charta caritatis è solo un pallido riflesso.
Il rischio di essere prima cistercensi che seguaci di Gesù esiste. Lo vediamo in altri monasteri e ordini religiosi, perché dovremo essere essenti da questa tentazione? Perciò torniamo continuamente al Vangelo. Questo ci fa pensare sia che possono esserci persone più oneste e caritatevoli di noi senza seguire il Vangelo, e che dunque il Vangelo non è solo una condotta morale, sia che il monachesimo c'è in tutte le religioni e spiritualità, ma noi sappiamo che prima del monachesimo -vita ascetica, dominio di sé, preghiera e meditazione- c'è il Vangelo e una relazione viva al Dio incarnato e alla salvezza data per grazia.
Se noi spostiamo la centralità del Vangelo non siamo più sale della terra, ma solo terra, magari terra buona, ma senza la novità del Vangelo.
Per questo Paolo dice “soltanto”: per rincentrare lo sguardo sull'essenziale; e poi usa il verbo “politicare” per dire che tutta la comunità è coinvolta unanimemente nella evangelicità della vita. Paolo rinforza l'idea alla fine del versetto dicendo che la “fama” che deve arrivare a lui e ciò che deve trovare arrivando a Filippi deve essere una comunità salda in un solo spirito -il che ci ricorda la comunità di Gerusalemme- e unita nel combattimento per la fede nel Vangelo, atleti (secondo la parola greca) in equipe, perché è l'unità della squadra che dà la vittoria, sia nel vivere che nell'annunciare la Parola di Dio accolta nella fede. La fede unanime accoglie il dono di Dio, la fede comune spinge la comunità a dare una testimonianza unica.