Logo Dominustecum

I monaci si prevengano nello stimarsi a vicenda. RB 72,4

fotogallery
Monastero
Cistercense
Dominus Tecum

Lettera di S.Paolo ai Filippesi IX

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 14/03/2009

filippesi 1, 19-21

"So infatti che tutto questo servirà alla mia salvezza, grazie alla vostra preghiera e all’aiuto dello Spirito di Gesù Cristo, secondo la mia ardente attesa e speranza che in nulla rimarrò confuso; anzi nella piena fiducia che, come sempre, anche ora Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.
Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno."

Dopo aver parlato degli invidiosi che annunciano Cristo con rivalità, e forse per fargli del male, e aver affermato che non importa purché Cristo sia annunciato, Paolo riflette sulla sua condizione così precaria, ma non teme: “So infatti che tutto questo servirà alla mia salvezza”.
Ancor una volta, come spesso nelle sue lettere, Paolo guarda la sua situazione e quella della Chiesa con una estrema fiducia. Sa che il Risorto non abbandona i suoi discepoli, e che tutto concorre per il loro bene. Paolo non specifica se per “salvezza”, pensa alla liberazione del carcere o alla salvezza eterna, forse volutamente; lui è tranquillo perché cerca davvero e sinceramente di servire la Parola e di dare la sua vita al Cristo e per il Vangelo. Allora “sia che io viva, sia che io muoia”, non cambia nulla, otterrà la salvezza.
Su questo c'è un abbandono all'amore di Dio che è misterioso. Non sappiamo che cosa è bene per noi e per la Chiesa: sappiamo solo che non siamo soli, che non siamo abbandonati da Colui che tutto può. La vita e la morte non sono in contraddizione perché in ogni caso viviamo. Poco dopo lo dice: per me vivere è Cristo e il morire un guadagno. Frase non così chiara come sembra, cosa vuol dire vivere è Cristo?
Si coglie però tutto il dono della propria vita e l'abbandono di ciò che è proprio, del suo interesse, della sua vita.
Se morire ci unisce alla vita di Cristo e significa la fine di tutto ciò che ci separa da Lui, allora la morte è un grande guadagno.
Noi siamo separati o non ancora pienamente uniti al Signore dalle nostre ricchezze, dalla nostra volontà propria, dagli affetti che passiamo prima di Lui, a partire dall'amore per noi stessi, da ciò che ci separa da Lui e dallo stesso -dimorare- rimanere in Lui e dall'amarci come Lui ci ha amato. Tutte queste cose, che sono la nostra vita e che abbiamo scelto per seguire Lui, non sono ancora totalmente realizzate nella nostra vita e ciò che manca (cioè ciò che abbiamo di nostro, per noi, ciò che non è dato e abbandonato, ciò che occupa le nostre mani e il nostro cuore tanto che non possiamo abbracciare Lui), sarà finalmente, definitivamente perduto con la morte, che per noi sarà un guadagno.
Ma questa morte siamo chiamati a viverla ogni giorno, facendo ciò che già possiamo fare oggi.
Per questo dobbiamo pregare lo Spirito Santo di operare in noi questa glorificazione di Cristo nel nostro corpo, questa luminosa trasfigurazione che prenderà il posto dell'opacità del nostro vivere ancora secondo le nostre voglie, e dobbiamo chiedere anche la preghiere gli uni degli altri perché la nostra ardente attesa e speranza non sia confusa.
Non siamo infatti capaci di dono totale; umilmente dobbiamo riconoscerlo, ed è bene guardare in faccia tutto ciò che non abbiamo ancora dato (nella misura in cui siamo capaci, e così onesti da vederlo), allora la preghiera e l'aiuto dello Spirito ci condurranno passo passo a vivere secondo Cristo, a vivere Cristo.
Questo non è senza strappi e dolori, senza lotte e ribellioni. La guerra contro satana che attacca i discepoli di Cristo è dura e sanguinosa, ma Cristo è venuto per vincere. Basti pensare alla frase dei Padri: “amare i fratelli è dare il sangue del proprio cuore” per comprendere la durezza e la bellezza del dono di sé fino alla pienezza.