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A Dio, non a sé, attribuire il bene di cui ci si riconosce capaci. RB 4,42

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Dominus Tecum

Lettera di S.Paolo ai Filippesi XIV

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 01/04/2009

filippesi 2, 1-2a

"Se c’è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c’è conforto derivante dalla carità, se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia"

Dopo aver invitato i filippesi a unirsi a lui nella lotta per il Vangelo, Paolo entra in un discorso insieme teologico e esortativo-morale. La condotta del cristiano non è semplicemente un'etica filosofica, una morale naturale o un rispetto dei diritti umani. Certo queste cose non sono dimenticate, ma ciò che conta è lo sguardo su Gesù e il seguirlo vivendo gli stessi sentimenti - non nel senso sentimentale, ma di volontà e decisione -. Per questo Paolo inizia con rendere il suo discorso conseguenza di ciò che ha detto prima: “se dunque”. Non è solo un passaggio da un discorso a un altro, ma c'è uno stretto legame. Non si può lottare per il Vangelo senza avere il cuore di Cristo.
C'è un'inclusione fra Cristo del versetto 1 e Cristo Gesù (abbiate gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù) del versetto 5 che introduce l'inno. Paolo comincia con quattro messe a punto, quattro colonne che introducono il discorso sulla vita del cristiano e che lo mettono in comunione con la Trinità, che forse qui è presentata in filigrana.
Qualche consolazione in Cristo o appello pressante: paraclisis. Paolo si fa avvocato di Cristo, grida a nome Suo, chiama. Gesù è nostro avvocato presso il Padre, ma è anche colui che ci chiama con insistenza, con forza, con veemenza a una vita all'immagine di Dio.
La seconda parola è ancora consolazione ma nel senso di conforto, incoraggiamento che viene dall'amore, quell'amore con il quale il Padre ci ama personalmente. Mentre la prima esortazione era quasi un'arringa pubblica, un grido insistente di Gesù ai filippesi, qui è l'amore personale che invita, conforta e conduce.
La terza parola è comunione di spirito, la famosa koinonia. Se qui lo spirito è lo Spirito Santo, avremmo allora Cristo, il Padre sorgente dell'amore e lo Spirito che rende la Chiesa una, con un solo cuore e una sola anima. Ma non è certo che qui si parli dello Spirito Santo. In ogni modo questa comunione è necessaria per vivere al seguito di Cristo.
Abbiamo qui tre momenti: la chiamata, la forza data personalmente e la Chiesa che si forma grazie a questa opera divina nella comunità e nei singoli.
E la quarta parola riguarda l'uomo in comunione con la Trinità, l'uomo che risponde, accoglie l'azione divina viscere di commiserazione, cioè compassione, che sono nella Bibbia le viscere di Dio stesso.
Paolo mette le basi del suo discorso con queste quattro colonne con una chiave molto personale: dietro questo appello c'è l'idea: se mi volete bene, se volete corrispondere a tutta la fatica che faccio per voi: renderete piena la mia gioia. Ma questo aspetto più affettivo sostiene un discorso più oggettivo. Si sente dalla forza delle sue parole che sta per fare un'esortazione importante. Paolo attira a sé ma per scomparire e lasciare solo Cristo davanti agli occhi dei suoi discepoli.