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Che cosa vi è di più dolce per noi, fratelli carissimi, di questa voce del Signore che ci invita? Ecco, il Signore, nella sua bontà, ci mostra il cammino della vita. RB, Prol 19-20

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Dominus Tecum

Lettera di S.Paolo ai Filippesi XVI

Omelie al Capitolo della comunità per la Quaresima - 12/04/2009

filippesi 2,2-4

"Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri."

Paolo ha chiesto di rendere piena la sua gioia in un'unità di sguardi, di intenti, di operazioni, in un solo amore. Naturalmente non cerca una comunità senza differenze, che vorrebbe dire senza ricchezze e senza persone. Paolo non plagia anzi, proprio parlando di unità sottolinea quanto ognuno deve cercarla con la propria personalità. É un modo attivo di cercare l'unita nella carità e non passivo, che sembrerebbe una unità senza carità.
Ai tre primi atteggiamenti positivi, Paolo fa seguire due cose in negativo:
Una è l'ambizione cattiva: era l'atteggiamento di coloro che predicavano in modo da metterlo in cattiva luce, di cui ha già parlato. É una ambizione che si eleva sulle rovine degli altri, un innalzarsi abbassando gli altri. Il vero contrario di quell'unità nell'amore che aveva chiesto nel versetto precedente. C'è un'ambizione sana che è quella di voler crescere verso la perfezione dell'amore, del servizio, del dono di sé; ce n'è un'altra che genera insidie, gelosie, maldicenze, rivalità e alla fine lotte e ingiustizie. La cartina tornasole, come spesso per i sentimenti, i pensieri, i desideri, è data da ciò che generano. Un albero buono darà frutti buoni, l'albero cattivo frutti cattivi. Sappiamo quanto, noi in particolare, cristiani e particolarmente i monaci, sappiamo impacchettare i più bassi sentimenti con carta e fiocchi di falsa carità. Ma i frutti non possiamo truccarli: se dal nostro modo di parlare e di fare nascono cose cattive, divisioni, sospetti, maldicenze e ogni genere di rivalità, vuol dire che la nostra ambizione non è santa, né sana.
L'altra cosa negativa e legata a questa: è la vanagloria, una gloria vuota, un pallone gonfiato, una grande apparenza con nulla dentro, tanta carta argentata e colorata con tanti fiocchi, ma senza nessun contenuto. É una tentazione reale, nonostante la semplicità della nostra vita. La vanagloria si nutre di cose piccolissime, di puntini sulla i e leggeri accenti, di un sorriso complice, di un complimento e di piccoli gesti studiati, di uno sguardo su noi stessi e sui nostri sforzi o di bei pensieri o nell'appoggiarsi su una virtù, ma alla fine tutto conduce ad abbassare gli altri per elevarsi senza neanche accorgersene.
Per questo Paolo completa questa serie negativa con un nuovo richiamo all'unità: “ritenendo gli altri migliori di sé”.
Saremo qui in una netta contrapposizione: dall'elevarsi sugli altri abbassandoli, all'abbassarsi non con un complesso d'inferiorità, che non è vera umiltà, anzi è una manifestazione d'orgoglio deluso, ma con uno sguardo che vede la ricchezza di ognuno e se ne rallegra, non tenendo conto di sé.
Per cui la conclusione è in questa regoletta d'oro: “senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri.” Frase molto vasta, che abbraccia molti aspetti: dall'interesse immediato a tutta la propria personalità, il cammino nella vita, i carismi, ecc. La Regola di san Benedetto dice citando Paolo: “nessuno ricerchi ciò che pensa utile a sé, ma piuttosto ciò che è utile all'altro”, che è il vero spirito di una vita comunitaria fraterna, e che deve essere il principio base del nostro comportamento.