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Che cosa vi è di più dolce per noi, fratelli carissimi, di questa voce del Signore che ci invita? Ecco, il Signore, nella sua bontà, ci mostra il cammino della vita. RB, Prol 19-20

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Dominus Tecum

Ebrei 10,36 (5)

Omelie al capitolo della comunità per la Quaresima - 01/03/2012

 Avete solo bisogno di perseveranza, perché, fatta la volontà di Dio, otteniate ciò che vi è stato promesso. (Ebrei 10, 36)

In questa introduzione al discorso sulla fede sembra che l’autore non voglia stancarsi di sottolineare l’importanza della perseveranza, della costanza, del tenere saldi. Certo era un tempo in cui la persecuzione si faceva sentire e la tentazione di tirarsi indietro di fronte alle difficoltà è sempre grande ed attuale.
Non solo di fronte alle persecuzioni imperiali e a quelle dei fanatici, dei malintenzionati ecc.
Come possiamo dire che vogliamo seguire Gesù con vera decisione, se poi non accettiamo l’ostacolo che ci viene messo davanti?
Se non sopportiamo la mancanza di qualcosa, magari non così necessaria, come possiamo essere fratelli di quanti si sono lasciati spogliare di tutto per rimanere fedeli al Nome di Gesù? E così se ci blocchiamo davanti al desiderio o anche alla volontà di un altro e non siamo capaci di amarlo “tanto così” come poter pensare di seguire il Signore fino alla morte e alla morte di croce per obbedienza al Padre.
E così via per la castità, la stabilità e tutta la fedeltà alla nostra scelta monastica con cui abbiamo risposto a colui che per amore ci ha proposto questa via di unione a Lui.
La lettera agli Ebrei cita un passo lungo e controverso di Abacuc. Lo cita nella versione dei LXX, un po’ diversa da quella che abbiamo noi nelle nostre Bibbie. Ma anche in greco le possibili letture sono controverse. Invece di turbarci di fronte a queste contraddizioni del testo dobbiamo sentirci più ricchi. Ogni testo biblico va letto in armonia con tutta la Scrittura e ogni parola di Dio ha una ricchezza che non possiamo limitare con le nostre pignolerie. Ma il testo è nello stesso tempo esigente e consolante. L’autore chiede la perseveranza, ma promette l’intervento salvifico del Signore, colui che deve venire. 
L’occhio del credente è sempre rivolto al Signore per fare la volontà di Dio, si fida infatti della Sapienza di Dio che organizza, dirige e conduce tutto a buon fine. Certo, nell’obbedienza c’è questo sguardo verso “ciò che ci è stato promesso”. Non è un’obbedienza supina, passiva, in cui esiste solo lo schiacciarsi di fronte alla volontà di un altro.
Ciò che conduce con libertà l’uomo è il desiderio di bene, di felicità, di pace, di amore. E ci si fida di ciò che Dio propone perché è Lui la sorgente di tutto ciò che desideriamo.
Questo è importante nel “fare la volontà di Dio”. Siamo figli chiamati ad amare il Padre, non schiavi che ne hanno solo il timore, la paura della punizione. Se sappiamo alleare l’obbedienza all’amore, anche se attendiamo il premio promesso non siamo servi, mercenari interessati.
Soprattutto perché questo premio è la comunione d’amore con lui e con tutti i suoi figli e non una paga che andiamo a spendere per conto nostro.
La perseveranza ha dunque bisogno di una forte fede in Colui che ha promesso e che prima di chiedere ha dato addirittura Suo Figlio e il Suo Spirito per la nostra vita.