Tutti gli ospiti che giungono al monastero siano accolti come Cristo poiché un giorno il Nostro Signore ci dirà: Ero forestiero e mi avete ospitato. A tutti si renda il dovuto onore RB 53,1
Spiritualità Cistercense
28/02/2013
Conosciamo la spiritualità dei primi Cistercensi per mezzo dei documenti primitivi dell'Ordine: ci restano due versioni del "Piccolo esordio", storia degli inizi - il "Grande esordio" è della fine del XII secolo - e due della "Carta Caritatis", oltre a tre lettere di Santo Stefano Harding, il terzo abate di Citeaux.
Da questi testi si possono facilmente dedurre i principali elementi della loro spiritualità:
- Il culto della Regola di San Benedetto, che va inteso come una ricerca di verità e di autenticità di vita monastica. Nella Regola si trovano consigliate anche le fonti della loro vita spirituale: la Sacra Scrittura e gli scritti dei Padri della Chiesa, che furono, si può dire, il pane quotidiano del loro spirito.
- La solitudine, che permette l'osservanza della Regola, e deve garantire I'otium monastico. Ozio nel senso dei latini, cioè il contrario degli affari, tempo libero per ciò che è propriamente umano, tanto che si parla di "ozio laboriosissimo".
- L'amore di Cristo per essere "poveri col Cristo povero". Povertà non solo materiale, ma imitazione dello spogliamento di Cristo, che porta alla semplicità e sobrietà della vita fino nella liturgia e nelle costruzioni.
Un gran numero di monaci scrittori fiorisce nel XII secolo, dalle loro opere possiamo individuare una spiritualità comune, notevole per la coerenza della dottrina e l'unità interiore tra la teoria e la pratica della vita monastica.
Conformemente a San Benedetto, i Cistercensi vedono il monastero come una "scuola del servizio divino", dove si impara la ricerca e l'esperienza di Dio, compito principale del monaco, e ci si esercita ad abbandonare tutto ciò che può impedire od ostacolare il raggiungimento dell' obbiettivo. I vari modi di qualificare la scuola monastica potrebbero essere considerati un riassunto della loro spiritualità: Scuola di Cristo, del Salvatore, dello Spirito Santo; scuola di amore, di pietà, di virtù, di umiltà; scuola di filosofia cristiana, di studi spirituali, ecc.
Ma, in pratica, cosa si insegna in questa scuola dai tanti nomi eppure unica per tutti i monasteri?
Possiamo distinguere tre argomenti:
- Anzitutto l'uomo deve conoscere se stesso: quest'invito già si poteva leggere sul tempio di Apollo a Delfi, fatto proprio anche dai filosofi. Per i Cistercensi, seguendo la tradizione dei Padri, l'uomo ha un'altissima dignità: è creato ad immagine e somiglianza di Dio e chiamato a vivere con Lui. Ma è lo stesso uomo che, a causa del colpa originale di Adamo, è sottomesso al peccato, che ha perso la somiglianza con Dio e offuscato la sua immagine. I nostri autori, però, sono fondamentalmente ottimisti: l'uomo conserva, nel disordine del peccato, le capacità innate di conoscenza e d'amore e un'aspirazione al bene, che è, almeno implicitamente, rivolta al bene supremo, Dio. L'uomo può, quindi, ritornare a Dio più con un atto d'amore che con la sua ragione.
- La pratica dell'ascesi ha un duplice aspetto: quello negativo, di rinuncia a tutti i desideri disordinati; positivo, perché rende capaci di rientrare in se stessi per riscoprirvi, mediante le virtù monastiche dell'obbedienza, umiltà, silenzio, carità fraterna, la capacità di conoscere ed amare Dio.
- Il mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio occupa un posto centrale. Cristo è l'unico mediatore tra l'uomo e Dio; è, nella sua umanità particolarmente venerata, il modello, l'uomo perfetto che il monaco dovrà imitare per restaurare la somiglianza originale con Dio.
Il risultato della scuola monastica è l'esperienza di Dio, descritta in diversi modi: visione di Dio, unione spirituale con Dio, pace e riposo in Lui, gioia, giubilo e contemplazione.
E questo amore di Dio è inverato e verificato nella carità fraterna, nel servizio reciproco richiesto dalla vita monastica.