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A Dio, non a sé, attribuire il bene di cui ci si riconosce capaci. RB 4,42

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Dominus Tecum

Quaresima 2013 - letture per Vigilie (5)

10/03/2013

Dalle Rivelazioni di Giuliana di Norwich*

La regale amicizia del nostro cortese Signore si dimostra nel fatto che egli ci protegge teneramente mentre noi siamo nel nostro peccato; e inoltre egli ci accarezza con soavissima intimità e ci mostra il nostro peccato con la dolce luce della misericordia e della grazia. Ma quando noi ci vediamo così sozzi, pensiamo che Dio sia adirato con noi a causa del nostro peccato. Allora veniamo stimolati dallo Spirito Santo, che, mediante la contrizione, ci spinge alla preghiera e al desiderio di correggere noi stessi con tutte le nostre forze per allentare l'ira di Dio, fino al momento in cui troviamo riposo per l'anima e tranquillità per la coscienza. E allora noi speriamo che Dio abbia perdonato il nostro peccato, ed è vero. E allora il nostro amabile Signore si rivela all'anima con volto gioioso e felicissimo, con amichevole accoglienza, come se l'anima fosse stata in pena o in prigione, dicendo: «Mia carissima, sono felice che tu sia venuta da me nel momento del tuo grande dolore. Io sono stato sempre con te, e ora tu vedi che ti amo, e siamo uniti nella felicità». Così i peccati sono perdonati dalla grazia e dalla misericordia, e la nostra anima è accolta con onore nella gioia, come sarà quando arriverà in cielo, e questo accade tutte le volte che è raggiunta dall'azione piena di grazia dello Spirito Santo e dalla virtù della passione di Cristo. Qui io compresi veramente che ogni specie di cosa ci viene apprestata dalla grande bontà di Dio, al punto che quando siamo in pace e in carità noi siamo realmente salvi. Ma poiché noi non possiamo avere questo in pienezza fin che siamo qui, è necessario vivere sempre con il nostro Signore Gesù in dolce preghiera e in un desiderio pieno d'amore…
Il medesimo vero amore che ci tocca tutti con la sua beata consolazione, ci insegna, quel medesimo amore beato, che dobbiamo odiare il peccato, ma solo per amore. E io sento personalmente in tutta sicurezza che quanto più un'anima buona vede ciò nell'amore cortese del nostro Signore Gesù, tanto più è riluttante a peccare, e tanto più ne ha vergogna. Poiché se fossero poste davanti a noi tutte le pene che sono nell'inferno, in purgatorio e sulla terra, la morte e tutto il resto, noi dovremmo scegliere queste pene piuttosto che il peccato. Poiché il peccato è così vile e odioso che non può essere paragonato ad alcuna pena che non sia essa stessa peccato. E a me fu rivelato che nessun inferno è peggiore del peccato, perché un'anima buona non odia il dolore, ma il peccato: perché tutto è buono, tranne il peccato, e niente è male, tranne il peccato. E quando noi mediante l'operazione della misericordia e della grazia cerchiamo volonterosamente l'amore e l'umiltà, diventiamo per questo tutti belli e puri. E come Dio ha forza e sapienza per salvare l'uomo, altrettanto ha volontà di farlo.    

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La preghiera è una sincera, gratuita e costante volontà dell'anima, unita e legata alla volontà di nostro Signore mediante la dolce e misteriosa operazione dello Spirito Santo. Nostro Signore in persona è colui che riceve per primo la nostra preghiera, così mi sembra, e la accoglie con grande riconoscenza, e con intima gioia la manda in alto, e la colloca in un tesoro dove non perirà mai. È là davanti a Dio con tutti i suoi santi, continuamente accolta, perenne sostegno in risposta ai nostri bisogni. E quando riceveremo la nostra felicità ci sarà ricambiata come misura di gioia con un eterno e glorioso ringraziamento da parte di lui. Nostro Signore si rallegra e gioisce moltissimo per la nostra preghiera: egli la aspetta, la desidera, perché con la sua grazia essa ci fa simili a lui nella condizione così come lo siamo per natura, e tale è la sua beata volontà. Poiché egli dice così: «Prega di tutto cuore, anche se ti sembra di non trarne alcun gusto, perché è certo cosa vantaggiosa, anche se tu non lo senti. Prega di tutto cuore, anche se tu non senti niente, anche se non vedi niente, sì, anche se tu pensi di non riuscirci, poiché è nell'aridità e nella sterilità, nella malattia e nella debolezza, che la tua preghiera mi è molto gradita, anche se tu pensi che non ti dia se non uno scarso gusto. E così è ai miei occhi ogni tua preghiera fatta nella fede».
Per la ricompensa e il ringraziamento eterno che egli ci darà lassù, e perché è desideroso di vederci continuamente in preghiera davanti a lui, Dio accetta la buona volontà e il travaglio dei suoi servi, qualunque possa essere la nostra impressione, e dunque gli piace vederci al lavoro nella preghiera e nella vita buona con il suo aiuto e la sua grazia, tenendo le nostre facoltà rivolte a lui con ragionevolezza e discernimento, fino a quando non giungeremo a possedere in pienezza di gioia colui che cerchiamo, cioè Gesù.
Alla preghiera appartiene pure il ringraziamento. Il ringraziamento è una vera conoscenza interiore, quando con grande riverenza e amorevole timore ci volgiamo con tutte le nostre forze all'opera verso la quale nostro Signore ci spinge, rallegrandoci e ringraziando interiormente. E talvolta l'anima ne è così ricolma che erompe in grida e dice: «Buon Dio, grazie infinite, sii tu benedetto». E talvolta quando il cuore è arido e non sente niente, oppure è angustiato dalla tentazione del nostro nemico il diavolo, allora l'anima è spinta dalla ragione e dalla grazia a gridare forte verso nostro Signore, ripensando alla sua beata passione e alla sua grande bontà. E così la forza della parola di nostro Signore entra nell'anima e ravviva il cuore, e lo muove con la grazia verso un retto operare, e lo fa pregare in pienezza di beatitudine, così da provare una vera gioia in nostro Signore. Questo è per lui un ringraziamento pieno di amore.

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La preghiera unisce l'anima a Dio, perché, benché l'anima sia sempre simile a Dio nella sua natura e nella sostanza restaurata dalla grazia, è spesso dissimile da lui nella sua condizione a causa del peccato commesso dall'uomo. Allora la preghiera dimostra che l'anima vuole quello che Dio vuole, e conforta la coscienza, e rende l'uomo adatto alla grazia. E così egli ci insegna a pregare e ad avere una fortissima fiducia di essere esauditi, perché egli ci vede nell'amore e vuole farci soci della sua volontà buona e del suo operato. E perciò ci spinge a pregare chiedendo quello che a lui piace fare, e per la preghiera e la volontà buona che noi riceviamo in dono da lui, egli ci ricompenserà e ci darà un premio eterno. E questo mi fu mostrato in queste parole: «Sei tu che supplichi». In questa frase Dio mostrò un piacere e un gaudio così intensi come se egli fosse in grande debito con noi per ogni opera buona che noi compiamo; eppure è lui che la compie. E per questo noi lo supplichiamo con forza di fare quello che a lui piace, perché è come se dicesse: «In che cosa puoi compiacermi di più se non nel chiedermi, con forza, saggezza e desiderio, di fare ciò che io voglio sia fatto?» E così l'anima mediante la preghiera è in sintonia con Dio.
Ma quando il nostro cortese Signore per sua grazia speciale rivela se stesso alla nostra anima, allora abbiamo quello che desideriamo, e in quel momento non vediamo per quale altra cosa dovremmo pregare, ma tutta la nostra mente e tutte le nostre forze sono occupate interamente nella contemplazione di lui. E questa è una preghiera alta e imperscrutabile, a quanto vedo; poiché tutto il motivo per cui preghiamo è quello di essere uniti nella visione e nella contemplazione di colui che preghiamo, con gioia meravigliosa e timore riverente, e una dolcezza e una delizia così grandi che in quel momento non riusciamo a pregare per niente, a meno che non sia lui a darcene l'impulso. E so bene che quanto più grande è la visione che l'anima ha di Dio, tanto più essa lo desidera spinta dalla grazia. Ma quando non lo vediamo così, allora sentiamo il bisogno e la necessità di pregare, e questo per la nostra deficienza e per la nostra incapacità di fronte a Gesù. Poiché quando un'anima è tentata, tribolata e lasciata a se stessa a motivo della sua inquietudine, allora è tempo di pregare perché diventi malleabile e obbediente a Dio. Ma nessuna specie di preghiera può rendere Dio docile all'uomo, perché egli è sempre il medesimo nell'amore. E così capii che quando ne vediamo la necessità e preghiamo, Dio nostro Signore ci segue e aiuta il nostro desiderio. E quando per sua grazia speciale lo contempliamo pienamente, non vedendo nessun altro, allora è naturale che siamo noi a seguire lui, ed egli ci attira a sé nell'amore... E allora non possiamo fare altro che contemplarlo e rallegrarci, con un fortissimo desiderio di essere interamente uniti a lui, e rispondere ai suoi impulsi, e gioire nel suo amore, e deliziarci nella sua bontà.   

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La nostra anima ha un duplice debito. Uno è che noi dobbiamo meravigliarci con riverenza, l'altro è che dobbiamo soffrire in umiltà, continuando a rallegrarci in Dio. Poiché egli vuole che noi sappiamo che entro breve tempo vedremo in lui chiaramente tutto quello che desideriamo. E nonostante tutto ciò io contemplavo e mi meravigliavo grandemente chiedendomi che cosa siano mai la misericordia e il perdono di Dio: poiché secondo l'insegnamento precedentemente ricevuto io pensavo che la misericordia di Dio fosse il placarsi della sua ira dopo che noi avevamo peccato… Ma per quanto io potessi riflettere e cercare, non riuscivo a vedere questo aspetto in nessuna rivelazione. Però di quello che vidi e compresi circa il modo di operare della misericordia dirò qualcosa, secondo la grazia che Dio mi concederà. Questo dunque compresi. L'uomo in questa vita è un essere mutevole, e per la sua ingenuità e ignoranza cade nel peccato. Egli non è forte né saggio in se stesso, e anche la sua volontà è appesantita nel momento in cui si trova nella tempesta, nel dolore e nell'afflizione. E la causa è la cecità, perché egli non vede Dio: perché se egli vedesse Dio continuamente non avrebbe sentimenti cattivi, né alcun tipo di impulso o di afflizione che conduce al peccato. Questo io vidi e sentii nel medesimo tempo, e mi sembrò che la visione e il sentimento fossero acuti e ricchi e pieni di grazia rispetto a quello che è il nostro sentire comune in questa vita. E pur tuttavia mi sembrò che fosse un sentire piccolo e meschino a confronto del grande desiderio che ha l'anima di vedere Dio. Poiché io sentivo in me cinque specie di sentimenti, e sono questi: gioia, dolore, desiderio, timore e vera speranza. Gioia, perché Dio mi dava di conoscere e comprendere che quello che vedevo era lui. Dolore, e questo a causa della mia debolezza. Desiderio, di poterlo cioè vedere sempre più, comprendendo e imparando che il nostro riposo non sarà mai pieno fino a che non lo vedremo chiaramente e realmente in cielo. Il timore era perché mi sembrò in tutto quel tempo che la visione dovesse svanire lasciandomi sola con me stessa. La vera speranza era nell' amore infinito nel quale vidi che sarei stata custodita per la sua misericordia e portata poi alla felicità.
E il rallegrarmi davanti a lui in questa fiduciosa speranza della sua misericordiosa protezione mi fece nascere una sensazione di conforto, così che il dolore e il timore non erano una grande pena. E però in tutto questo io contemplai nella rivelazione di Dio che questo modo di vederlo non può essere continuo in questa vita, e questo sia per la sua gloria che per l'aumento della nostra gioia infinita. E perciò spesso ci viene meno la visione di lui, e subito ricadiamo su noi stessi, e allora scopriamo di non sentire altro se non ciò che in noi è contrario a lui, e questo viene dall'antica radice del nostro primo peccato e tutto ciò che ne consegue per la nostra ostinazione; e in questo noi siamo travagliati e tentati con una sensazione di peccato e di pena in molte diverse maniere, nello spirito e nel corpo, come sappiamo bene in questa vita.   

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Il nostro buon Signore, lo Spirito Santo, che è vita eterna dimorante nella nostra anima, ci custodisce con assoluta fedeltà e opera nell'anima la pace, e con la grazia la porta alla tranquillità, e la rende obbediente e la unisce a Dio. E questa è la misericordia e la strada lungo la quale il nostro Signore continuamente ci guida, fino a che noi rimaniamo in questa vita mutevole. Perché io non vidi ira alcuna se non da parte dell'uomo, e questa egli la perdona in noi… Essa proviene o da una mancanza di forza, o da una mancanza di saggezza, o da una mancanza di bontà, e tale mancanza non è in Dio, ma in noi. Invero noi, per il peccato e la miseria che ci abitano, abbiamo dentro un'ira e una continua opposizione alla pace e all'amore, e questo egli lo mostrò molto spesso nel suo dolce volto pieno di pietà e di compassione. Poiché il fondamento della misericordia è nell'amore, e l'opera della misericordia è il mantenerci nell'amore; e questo fu mostrato in tale maniera che non riuscii a percepire la proprietà della misericordia in altro modo se non come tutto amore nell'amore.
Questo vuol dire, per quanto capisco, che la misericordia è un dolce e benevolo operare nell'amore, unito ad una generosa compassione, poiché la misericordia opera custodendoci, e la misericordia opera volgendo per noi tutte le cose al bene. La misericordia, per amore, permette che veniamo meno fino a un certo limite; e in quanto veniamo meno cadiamo, e in quanto cadiamo moriamo. Avviene infatti di necessità che noi moriamo se ci viene meno la visione e il sentimento di Dio, che è la nostra vita. Il nostro venir meno è spaventoso, la nostra caduta è vergognosa, e la nostra morte è dolorosa. E però in tutto questo il dolce occhio della pietà e dell'amore non si allontana mai da noi, né viene a cessare l'azione della misericordia. Poiché contemplai la proprietà della misericordia, e contemplai la proprietà della grazia: esse hanno due modi di operare in un unico amore. La misericordia è una proprietà piena di compassione, che appartiene alla maternità in un tenero amore, e la grazia è una proprietà piena di gloria, che appartiene alla regale sovranità nel medesimo amore. La misericordia opera custodendo, sopportando, ravvivando e risanando, e tutto viene dalla tenerezza dell'amore; e la grazia opera con misericordia, risollevando, ricompensando, superando continuamente quanto meriterebbero il nostro amore e il nostro travaglio, diffondendo largamente e manifestando l'alta generosità e la grande magnanimità della signoria regale di Dio nella sua meravigliosa cortesia. E questo viene dall'abbondanza dell'amore, perché la grazia trasforma il nostro spaventoso venir meno in un conforto senza misura e senza fine; e la grazia trasforma la nostra vergognosa caduta in una risurrezione alta e gloriosa; e la grazia trasforma la nostra dolorosa morte in una vita santa e beata.

*Giuliana di Norwich, Libro delle rivelazioni, Milano 1984, estratti dai capitoli XL, XLI, XLIII, XLVII, XLVIII