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Il Silenzio

Conferenza Torino spiritualità - 21/09/2006

Torino Spiritualità
21 Settembre 2006

Il silenzio

Quale valore ha il silenzio nella vita spirituale cristiana? Solamente se si vive una dimensione di solitudine più o meno radicale è possibile accedere al silenzio? La testimonianza diretta dell’esperienza monastica e i testi della grande tradizione benedettina faranno da guida in una discussione sul significato cristiano del silenzio, tema cardine nella storia della spiritualità, ma anche fonte di una sapienza concreta e quotidianamente vissuta.

Comincio col presentarmi: Cesare Falletti, monaco cistercense del monastero di Pra 'd Mill, fondazione (11 anni fa) dell'antico monastero di Lérins, che ha una storia gloriosa, a fasi alterne,, di 16 secoli.

Il tema che mi è stato domandato è "Il silenzio". Quando ne ho parlato con amici, molti hanno commentato ironicamente sul fatto del parlare del silenzio, tanto che ho avuto la tentazione di passare con voi semplicemente un lungo tempo di silenzio, per scoprire quale lavoro compie in noi, lavoro spesso più in profondità della parola stessa. Ma forse è bene guardare il silenzio non solo come esperienza interiore di pace, di meditazione, di riflessione, ma, ed è quello che vorrei riuscire a fare, nella sua dimensione relazionale: il silenzio come relazione fra persone umane e in cammino di sempre maggiore umanizzazione.

Il silenzio è certamente una mercanzia che ha acquistato valore, merce rara di cui, sentendone la mancanza, si scopre quanto è necessaria per la salute, fisica, psichica e spirituale.
Non per nulla un film come "Il grande silenzio" ha avuto un grosso successo, anche se dubito sia riuscito a passare il vero messaggio dei certosini e che la massa abba colto il significato del silenzio monastico vissuto con un tale assoluto. Resta il fatto che già il titolo prometteva qualcosa di cui si sente la necessità e la mancanza.

La parola "silenzio", però, non è una parola dal significato chiaro e univoco: ha una grande varietà di significati e di interpretazioni: altro è, infatti, il silenzio del cristiano che prega, altro quello del monaco zen che medita; altro è il silenzio della natura, altro quello di un laboratorio di ricerca, altro quello del pensatore e altro quello dell'uomo umiliato e ridotto al silenzio; altro è il silenzio che fa correre il tempo fra due innamorati, altro è il lunghissimo e insopportabile silenzio del broncio.
Non credo che il silenzio sia qualcosa per “addetti ai lavori, che abbia bisogno di particolari condizioni, o di una vita speciale, quale la vita monastica. Il silenzio è aiutato da tutto questo, ma non ha un grande significato se non è qualcosa che "lavora" il cuore, cioè la parte più personale di noi stessi.

Se pensiamo al silenzio, lo colleghiamo immediatamente all'assenza di rumori esterni, balsamo in un mondo chiassoso, lo desideriamo come riposo; ma quando siamo in un luogo in cui si "sente il silenzio", non sempre siamo capaci di sopportarlo. Il mondo in cui viviamo è tale che rischia di farci sentire invisibili, anonimi, e il farsi sentire, dire, esprimersi, essere riconosciuti nelle proprie idee, qualunque valore esse abbiano, è diventata un'ambizione grande, un bisogno impellente. Lo testimoniano i numerosissimi programmi radiofonici che si basano sulle telefonate degli ascoltatori.
Se, dunque, da una parte si sente un grande bisogno di silenzio, dall'altra vi è ancor un maggior bisogno di parlare e di parlare ad alta voce, di farsi sentire e nel migliore dei casi di comunicare.

Voglio, allora, classificare in tre punti quello che chiamerei "il silenzio positivo" e poi trattare anche di quello “negativo".

1 - Innanzitutto ciò che il silenzio fa nascere in noi è la conoscenza di noi stessi; proprio perché spegne la nostra immagine, quel look che sembra farci esistere, essere qualcuno, visti, riconosciuti e possibilmente ammirati, siamo costretti a prendere coscienza di noi stessi e a vivere delle nostre proprie risorse. E' un grosso lavoro, pesante, e spesso non facile da sopportare. Comporta una tentazione di fuga e di immersione in un rumore, in cui non ci sia più l'obbligo di essere veri, nudi, se stessi. La nudità dell'uomo può essere accolta soltanto nell'innocenza del bambino o nell'umiltà di chi crede nella forza della verità, che libera. Adamo (l'uomo), vistosi nudo, ha avuto paura e si è nascosto, si è vestito, cioè si è presentato con un'immagine di sé costruita, ma non autentica. L'umiltà è ciò che fa grande l'uomo perché lo libera dai complessi, di colpa o di grandezza, dal delirio di onnipotenza che si schianta continuamene con i limiti della natura umana, dalla paura dello sguardo degli altri e dalla dipendenza dal giudizio altrui. Nel silenzio, soprattutto in quello di fronte ad altri, più ancora che in quello del solitario, ci si consegna nella verità. La parola maschera, dice e presenta ciò che vogliamo dire, far sapere o far vedere, dirigiamo lo sguardo altrui in settori "presentabili"; nella vulnerabilità del silenzio ho un solo difensore: Dio, o per lo meno la mia coscienza, che però accusa più spesso che non difende. Gesù stesso, che è detto la Parola - il Verbo -, al momento della Passione, è stato in silenzio, totalmente consegnato nelle mani degli uomini e totalmente reso saldo dalla fiducia nel Padre.

2 - In secondo luogo, il silenzio ci purifica: c'è un testo biblico, ripreso dalla Regola di San Benedetto in cui si dice: "Nel molto parlare non eviterai il peccato", perché la parola trascina l'uomo ed è difficile dominare la lingua. San Giacomo nella sua lettera: “Così anche la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose. Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell'iniquità, vive inserita nelle nostre membra e contamina tutto il corpo e incendia il corso della vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna. Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dalla razza umana, ma la lingua nessun uomo la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio.” (Gc 3,5-9)

Il silenzio è un luogo in cui le passioni trovano una forza positiva, liberate dall'immediatezza, prendono una forma guidata dalla ragione e il cuore, la volontà, sceglie il meglio.
Inoltre permette di prendere distanza dall'ambiente che condiziona e toglie la libertà di essere il meglio di se stessi. Nel silenzio l'uomo non diventa assente, indifferente al mondo che lo circonda, quasi sprezzante del chiacchiericcio che domina, delle mode che imperano, delle notizie che volteggiano, false come bolle di sapone. Il vero silenzio è attento, presente, ma libero.
Posso dire del silenzio ciò che San Bernardo dice della Considerazione (cioè di quella attenzione prudente - non timorosa, ma equilibrata - che occorre a chi governa, ma ogni uomo deve governare almeno se stesso! E' un po' ciò che la Bibbia dice del Saggio):
"In primo luogo la considerazione purifica la sorgente stessa dalla quale prende origine, cioè la mente; regola poi le passioni, dirige le azioni, corregge le intemperanze, modera i costumi, conferisce dignità e ordine al comportamento, e da ultimo concede la scienza delle cose divine e umane. E' sempre questa considerazione che dipana ciò che è intricato, mette freno alle cupidigie, raccoglie quello che è disperso, penetra nei segreti, indaga la verità, vaglia il verosimile, smaschera gli inganni e le finzioni. Essa ancora predispone le cose da fare, riflette su quelle fatte, in modo che nella mente non rimanga niente di scorretto o da correggere. E' essa infine che nella prosperità fa presagire la sventura e nelle avversità la fa quasi dimenticare, qualità che sono tipiche una della prudenza, l'altra della fortezza.”. (De cons.I 7)
Per terminare questo punto voglio sottolineare un aspetto che troviamo nel Vangelo: Gesù è la Parola; raramente è presentato in silenzio. Il silenzio di Dio è terribile per l'uomo, ma quando l'uomo non ascolta, Dio non può parlare; pensiamo al silenzio davanti agli accusatori della donna adultera, davanti ad Erode, così superficiale e pieno di sé. Vi è dunque un silenzio che non è malvagità, ma è severità, un silenzio che non può donare perché nessuno tende le mani per ricevere. E' un silenzio doloroso per colui che deve esercitarlo, perché brucia dal desiderio di donarsi, deve trattienesi per il rifiuto che gli si oppone. E' un silenzio di attesa non di condanna, pieno di fiducia e di speranza.

3 – Per questo, in terzo luogo voglio parlare sul silenzio positivo che è quello dell’ascolto, apertura alla parola - e per un cristiano alla Parola -. E' accoglienza dell'altro, senza tentativo di ridurlo a sé, cosa che permette di crescere, perché l'ascolto ci colma di nuove ricchezze, mette in noi una novità che non possiamo generare da soli. La parola è un seme che caduto in terra comincia a lavorare.
Seguendo la parabola evangelica, essa può cadere su un terreno senza profondità, un terreno senza silenzio e trovare un rapido eco, senza verità né consistenza. E' tutto il mondo del pettegolezzo, delle notizie non controllate, della maldicenza. La parola fa sempre un cammino: "Voce dal sen fuggita, più ritener non vale" dice, mi sembra, Metastasio; la mancanza d accoglienza della parola nel silenzio la fa lievitare nella falsità, ma le dà poco tempo di vita. L'ascolto vero silenzioso, permette di giudicare, vagliare e cogliere il vero significato della parola e anche di scegliere liberamente se aderire o no.

Credo che nel cristianesimo il silenzio per l'ascolto, e non fine a se stesso o per una certa purificazione della mente, è qualcosa di molto importante. Il cristianesimo è una fede che mette in relazione, un cammino di comunione che parte dall'ascolto e arriva alla visione. Nel tempo presente c'è solo l'ascolto, la visione sarà per dopo la risurrezione.
Ora non ci può essere ascolto che conduce alla comunione senza silenzio, né per la comunione con Dio, né per quella fra persone umane e neppure per quella forma di comunione, di ben di altro genere, che possiamo avere con il creato, che è cosa buona e bella e che ci è stato dato perché potessimo crescere come persone realizzate nell'ascolto e nella contemplazione anche della natura.
Non dimentichiamo però che questo aspetto è ben secondario di fronte alla comunione interpersonale, che è anche un modo privilegiato sulla terra per entrare in comunione con Dio.

Il silenzio permette di vedere l'altro, lasciarlo esistere altro da noi, dargli quella libertà che il suo essere persona esige. Senza silenzio davanti a sé si ha solamente uno specchio, perché l’ "io" si proietta sempre in avanti e fa da schermo alla autentica visione dell'altro.
Il silenzio in questo è povertà, rinuncia di dominare, di controllare, di dirigere; è l'antidoto al delirio di onnipotenza che sta sempre in agguato in fondo al nostro cuore. Questa è la vera umiltà: accettazione di essere e di non apparire altro attraverso parole che mi "presentano", mi mettono in luce, mi fanno prevalere, ma mascherano la mia bellezza, la truccano come il volto di un attore.

In questa linea possiamo comprendere come esiste un silenzio che è parola e una parola che è silenzio, cioè tutte quelle parole che permettono e aiutano l'altro a crescere, a trovare di fronte a me e agli altri la sua vera dimensione. La parola che aiuta è silenzio, come quella che incoraggia o che istruisce, perché nasce da un vero ascolto ed è concavo, cioè accogliente. Ugualmente il silenzio che permette all’altro di essere vero e di crescere è parola.
Per dare una breve, e per forza troppo sintetica definizione, direi che il vero silenzio è la parola giusta, detta e ascoltata, perché una relazione interpersonale se è senza parola è senza comunicazione e se senza comunicazione è senza relazione, cosa che distrugge la persona umana e per un cristiano distrugge la comunione fraterna e quindi con Dio, che è vita dell'uomo.

Esiste anche un silenzio negativo, che, anche se no fa rumore, fa chiasso e ferisce la relazione.
Innanzitutto ogni chiusura in sé o blocco di contatto, quali possono essere il broncio, il rancore, il disprezzo. Invece di far esistere l'altro lo si annulla, lo si devisualizza, lo si esclude, lo si combatte lo si uccide, forse non fisicamente, perché non gli si offre la pace. E' purtroppo un silenzio frequente e che rende il clima pesante, assordante, picchia sulle tempie dell'uomo. Tale silenzio costruisce un muro intorno alla persona che lo vive, lo richiude in una prigione che lo illude di vivere in un mondo libero, mentre la libertà è al di fuori, nella verità dell’incontro e in caso del perdono.
Ci sono poi i silenzi che escludono il piccolo, il povero, il forestiero; quei silenzi che appaiono all'improvviso quando un estraneo o una persona non desiderata appare. Anche in questo caso si interrompe la comunione, senza crearla fra coloro che sembrano allearsi. Ogni esclusione, se non per motivo di vera prudenza, è rottura di comunione non solo con un terzo, ma fra i due che sembrano essere d’accordo, perché la comunione è circolare come la Trinità e non è mai ridotta a un vis-à-vis.

Parola e silenzio non sono opposti, ma sono al servizio l'una dell'altro; si completano e danno una pienezza alla relazione interpersonale.
Altra è invece l'opposizione fra il silenzio e la curiosità, che non è un rispetto del silenzio, ma una violazione di esso.
Il desiderio di conoscere e di sapere immette nell'uomo un giusto interrogativo, che favorisce la conoscenza e la comunione; la curiosità è rapina di qualcosa su cui non si ha diritto, è voler possedere ciò che non compete, spesso un segreto, la cui privatezza è un diritto dell'uomo. Questo, infatti, non contraddice la comunione, anzi la esalta, perché permette all'uomo, grazie alla virtù della prudenza, di non caricare un peso ingiustificato sull'altro. Il segreto è vero silenzio quando rispetta la giustizia o quando si carica nella carità di un peso che potrebbe schiacciare un'altra persona o ledere i diritti di qualcuno. Tali sono i segreti detti professionali.

Il silenzio è la sorgente della pace del cuore: l'uomo arrogante, ed è il più diffuso e peggior male dell'uomo, parla ad alta voce, moltiplica le parole, si agita e si innervosisce se non è ascoltato, ha un cuore sempre inquieto e mai stabile.
L'uomo umile e portatore di pace non ha bisogno di alzare la voce, sa che ogni sua parola e ancor più il suo silenzio comunica, mette in comunione lasciando liberi di accettare o no il suo dono. Non si stupisce se non è ascoltato, non si inquieta se non gli si dà ragione. Il suo cuore è fisso nella solidità dell'amore di Dio.

Per concludere voglio citare un testo del Vangelo di Matteo su Gesù: “Non contenderà, né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce. La canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante, finché abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le genti. (Mt 12,19-21)